Tutto quello che c’è da sapere sul nuovo album dei Nosound

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Track by Track: un disco raccontato traccia dopo traccia dai protagonisti. È la volta del nuovo album dei Nosound, ALLOW YOURSELF, raccontato da Giancarlo Erra…

Sembra ieri, eppure sono già passati ben tredici anni da quando il progetto Nosound ha emesso il suo primo vagito. Al debut album SOL 29 (2005) hanno fatto seguito altri quattro lavori in studio, inframmezzati da un buon numero di live, Ep e rimasterizzazioni. Un percorso in gran parte lineare, solido, coerente, qualitativamente di alto livello, sospeso tra l’eredità dei primi Porcupine Tree e intelligenti suggestioni post rock.

Poi, con il quinto album, SCINTILLA (2016), uno scarto improvviso, un cambio di marcia che mette l’accento su un modo nuovo di scrivere canzoni, di raccontare le proprie emozioni in maniera più diretta e rotonda, quasi cantautorale.

La direzione per il futuro sembra tracciata e invece, sorpresa!, ALLOW YOURSELF ci propone una versione ulteriormente rinnovata del progetto Nosound, in cui il leader e creatore Giancarlo Erra sembra voler azzerare tutto e ripartire da capo: minimalismo, introspezione, totale assenza di sovrastrutture. Un disco in bianco e nero, come l’artwork misterioso che lo avvolge. Un album che è un mettersi a nudo, nel bene e nel male, e che richiede da parte dell’ascoltatore un’attenzione totale per poter entrare in sintonia con le sottili sfumature presenti negli undici brani che lo compongono. Ce lo siamo fatti raccontare, traccia dopo traccia, proprio da Giancarlo, a cui lasciamo la parola…

L’ALBUM

Alcuni hanno definito ALLOW YOURSELF il KID-A dei Nosound, o il DAMNATION dei Nosound… ora ci manca solo che qualcuno dica che ALLOW YOURSELF è il THE FINAL CUT dei Nosound, dopo di che avranno elencato i tre album che adoro di più rispettivamente di Radiohead, Opeth e Pink Floyd. La cosa interessante è che anche se questi tre album hanno avuto un forte impatto sui fan, generando divisioni e polemiche, sono stati anche quelli in cui gli artisti sono riusciti finalmente a dare una svolta alla loro musica, a realizzare qualcosa di più profondamente diverso rispetto al passato. Come per ogni cambiamento vero, la conseguenza è che a fronte dell’interesse da parte di una nuova fetta di pubblico, nelle fila dei fan della prima ora ci sarà un po’ di scontento: del resto loro sono quelli più affezionati emotivamente ai primi lavori e tutti tendiamo ad apprezzare di più i primi album che ascoltiamo di un certo artista, secondo me. Con ALLOW YOURSELF sono riuscito finalmente a trovare dentro di me la chiave di volta per liberarmi da un subconscio che mi faceva stare ancora troppo in ciò che Nosound è stato finora: è un lavoro dove ho messo al 100% non il passato ma il presente e il futuro. Perché di passato non ho e non abbiamo bisogno, si vive nel presente e si costruisce il futuro.

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LA SCRITTURA E LA STRUMENTAZIONE

Musicalmente parlando, i miei gusti sono sempre stati orientati alla musica contemporanea, alternativa ed elettronica, più che al rock, che invece seguivo da adolescente, ma avendo iniziato in quell’ambito ho avuto bisogno di fare un certo percorso per arrivare fino a qui. Questo è un album dove non ci sono praticamente chitarre, che prende la forma canzone nella sua essenza (come era con SCINTILLA) e la libera dalla strumentazione o dal paradigma rock per aprirsi invece in ogni possibile altra direzione. I pezzi sono brevi, non c’è self indulgence e non c’è virtuosismo o assoli, C’è solo la cosa più importante della musica: il messaggio emotivo che trasporta. Tutto questo è stato possibile anche eliminando computer e midi dalla scrittura musicale, usando tutti strumenti analogici, piano acustico e studi di piano e voce per espandere le possibilità espressive degli elementi che contano davvero nella musica presa nella sua essenza e spogliata da ogni cosa non necessaria a esprimere l’emotività.

LA PRODUZIONE

Ovviamente anche la produzione è cambiata, diventando al contempo più minimalista ma anche più focalizzata e diretta, con meno muri di suono e più suoni che finalmente si distinguono singolarmente, un approccio alla registrazione molto più diretto, cercando l’emotività e non la perfezione. La presenza di piano acustico, quartetto d’archi e sintetizzatori analogici sicuramente ha favorito questo approccio alla registrazione, in cui non ci sono edits ma è tutto registrato al momento. E cosi rimane.

L’articolo completo a cura di Paolo Carnelli e il Track by Track di Giancarlo Erra è su PROG Italia n.21, in edicola e in digitale, disponibile qui.

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