Morte di una chitarra: gli ultimi giorni di RANDY ROHADS

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Beveva anisetta e non si drogava. Ormai insostituibile nella band di Ozzy Osbourne, Randy Rhoads meditava di evadere da quella gabbia dorata e diplomarsi in chitarra classica. Non ne ebbe il tempo.
Un estratto dell'articolo di Renzo Stefanel pubblicato su Classic Rock 78.

Dieci date in Europa, quarantasei negli Usa, primi di marzo 1982: il Diary of a Madman Tour proseguiva inarrestabile, città dopo città, sold out dopo sold out. Tutto andava a gonfie vele. Tranne che per Randy Rhoads, il funambolico chitarrista a cui andava buona parte del merito della rinascita artistica di Ozzy, che solo tre anni prima pareva finito, estromesso con ignominia dai Black Sabbath, ingestibile a causa del suo abuso di alcool e droghe. Che peraltro continuava alla grande.

Ecco, questa roba non faceva per Rhoads: “Non mi sento più me stesso. Non è questo il motivo per cui ho iniziato a suonare la chitarra... Guardo dietro di me e vedo questo grande, grande castello, l’enorme pedana rialzata della batteria, Little John che corre sul palco. Mi sembra di essere in un circo”.

Aveva già deciso di lasciare tutto per riprendere lo studio della chitarra classica; secondo Tommy Aldridge, “Randy provava a prendere lezioni di chitarra classica in ogni città in cui ci fermavamo. Nove volte su dieci, finiva per dare lui lezione, dal momento che era molto più bravo della maggior parte degli insegnanti”. Affascinato dalla musica barocca, in particolare da Johann Pachelbel e Antonio Vivaldi, Randy voleva approfondire non tanto la tecnica, già sopraffina, quanto la cono- scenza dell’armonia e della teoria musicale in genere: sognava di iscriversi alla UCLA Herb Alpert School of Music di Los Angeles e diplomarsi in chitarra classica. 

Il 28 febbraio, a colazione nell’hotel che ospitava la band ad Amarillo, Texas, Tommy Aldridge e Don Airey avevanoo assistito a una scena terribile: “Sharon e Ozzy non lo avrebbero lasciato libero dal contratto. Quando Randy ha detto di volersene andare, Ozzy l’ha definito un ingrato di merda e gli ha dato un pugno in faccia. A loro non importava della sua felicità. E chi l’avrebbe lasciato andare?".

Il 19 marzo del 1972, di primo mattino, mentre la band si spostava da Knoxville a Orlando, l'autista del bus, Aycock, pensò di far tappa nei pressi di Leesburg, a una sessantina di km da Orlando. Lì vicino Aycock aveva casa e, soprattutto, un aereo monomotore, un Beechcraft Bonanza F35 del 1955.

Aycock invitò Don Airey, l’unico sveglio, a fare un giro con lui sull’aereo. Perché no? Dopo qualche evoluzione, atterrò. Trovò svegli anche Jake, il tour manager, Rudy Sarzo, Randy e Rachel, la guardarobiera. Un giro, ragazzi? Jake e Rudy rifiutarono. Randy e Rachel tentennavano. Rachel accettò. Indossò un bel vestito: era un’occasione speciale. Anche Randy si fece tentare: "Voglio fare delle foto!

Nel tour bus, chi sonnecchiava, chi dormiva. In sottofondo, il rombo dell’aereo. Prima lontano, poi più forte. Molto più forte. Per qualche strano motivo, Aycock s’era lanciato in picchiataverso il bus, forse per impressionare la sua ragazza. Ma calcolò male l’angolo di picchiata: virando, colpì con l’ala sinistra il bus, facendolo sobbalzare di un metro e mezzo. Piegandosi a sinistra, il corpo del Bonanza vi passò sopra. Poi si rovesciò, colpì un pino, tranciandone di netto il tronco a tre metri da terra. Un attimo dopo, l’aereo si schiantò sul garage del palazzo in stile georgiano situato a circa 20 metri dall’autobus. Dentro c’erano due auto, i cui serbatoi s’incendiarono all’impatto. Aereo e garage furono inghiottiti da una palla di fuoco. Aldridge e Airey cercavano invano di spegnere con un estintore. il rogo del palazzo, sul cui portico il proprietario, un vecchietto sordo, sedeva senza essersi accorto di nulla. Furono Tommy e Ozzy, ripresosi, a trascinarlo via. Senza telefoni, i pompieri arrivarono ben due ore dopo, trovando solo un mucchio di cenere. Randy, Rachel e Aycock risultarono morti sul colpo. Per identificarli, fu necessario l’esame dell’arcata dentale.

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