Il 18 maggio del 1980 moriva Ian Curtis

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Sono trascorsi 38 anni dalla morte di Ian Curtis, l’inquieto cantante dei Joy Division, il gruppo post punk più influente nella storia della musica

Ian, aveva soltanto 24 anni. Soffriva di epilessia, ed era affetto da una sorta di male di vivere, onnipresente nella sua esistenza. Costretto ad assumere medicinali che non contribuirono a migliorare questa sua condizione. Con un matrimonio ormai disintegrato alle spalle, quello con Deborah, e una struggente vicenda amorosa con Annik Honoré, il 18 maggio del 1980 decise di togliersi la vita.

Ha sempre insistito sul fatto che il testo di ogni sua canzone fosse aperto alle più varie interpretazioni, ma lui sembrava davvero credere fermamente in ciò che cantava, come ha ricordato più volte Deborah. E proprio su questa scia sembra che uno dei suoi brani, quello che lo ha consacrato al successo, Love Will Tear Us Apart, ne abbia disegnato in qualche modo il destino: “L’amore ci farà a pezzi“. Per gli altri membri della band, invece, la depressione di Curtis rimase nascosta, un segreto quasi insospettabile: con loro rideva, mostrava il culo dal finestrino durante i viaggi in bus e si facevano delle grasse risate.

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Ian Curtis era un ragazzo fragile, pieno di quell’inquietudine che i testi dei Joy Division hanno così ben rappresentato, nonostante l’apparenza, l’anticonformismo e lo spirito punk.

Il 19 maggio sarebbe dovuto partire per il primo tour americano della band. Invece, proprio il giorno precedente alla partenza, scirsse un biglietto: “In questo istante vorrei essere morto. Non riesco più a lottare.“. Così si impiccò al soffitto della cucina, dove lo ritrovò la moglie Deborah. Una morte drammatica e silenziosa, che ha privato il mondo di un giovanissimo e incredibile talento. Probabilmente, nessun altro interprete così affascinante ha mai guidato una band, con la sua misteriosa abilità di indagare con la punta delle dita al di sotto della superficie dell’esistenza.

Love Will Tear Us Apart, il titolo brano del suo destino, in cui vi sono condensati tutta la fragilità e l’onestà del suo essere, è stato inciso sulla sua lapide.

 

 

 

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