ALICE ERA MORA: la nostra intervista

La musica prima di tutto

Gli Alice Era Mora sono una band napoletana, composta da Enrico (chitarra e voce), Giuseppe (basso) e Antonio (batteria). Non si etichettano. Lasciano che sia la melodia a parlare per loro, anche per questo preferiscono non mettersi in primo piano. La musica è protagonista assoluta: le immagini evocate dalle loro melodie prendono il sopravvento, lasciando libero sfogo all’interpretazione.

Come e quando è nata la vostra band?

Enrico: “Con la formazione attuale da pochissimo. Antonio è con noi da pochi mesi, mentre il gruppo è nato nel 2013. Io e Giuseppe ci siamo conosciuti tramite un’inserzione. La band in questi anni si è evoluta, nel nostro repertorio ci sono alcuni pezzi che non facciamo più.

Da dove spunta “Alice era mora”?

Enrico: “Alice si ispira alla bambina protagonista del romanzo di Carroll, “Alice nel Paese delle Meraviglie”. Mi ha sorpreso il fatto che la ragazzina che ha ispirato il libro in realtà era mora, perciò abbiamo rotto un mito. Inizialmente era soltanto il titolo di un brano. Poi è nata l’esigenza di trovare un nuovo nome al gruppo, nato dalle ceneri di un gruppo precedente e così abbiamo deciso di utilizzarlo. Diciamo che è nato prima il nostro pezzo e poi la band.

Riuscite a vivere di musica? Vi piacerebbe?

Giuseppe: “Non proprio. La musica è una grossa passione. Suono da quando ho 16 anni e non sono mai riuscito a vivere davvero di musica, sarebbe bello. Ma a 40 anni inizio a perdere le speranze.

Enrico: “In questo senso non nutriamo molte aspettative, vogliamo continuare così ed avere più ascolti, ma avere un ritorno economico al momento non è la priorità.

Cosa dovremmo sapere del vostro primo EP, “Alice Era Mora”?

Giuseppe: “Abbiamo voluto intitolarlo come il gruppo, senza imporre una grossa caratterizzazione. Lo abbiamo registrato la scorsa estate e da allora abbiamo fatto qualche live. Abbiamo scelto di proporre soltanto quattro pezzi, è una scelta fortemente voluta. Preferiamo essere presenti in maniera costante sulla scena musicale e proporre più EP nell’arco di un anno, piuttosto che un unico disco composto da molti brani. Con nostro stupore ci stanno seguendo molte persone anche dall’estero, in particolare Stati Uniti e Germania.

Enrico: “Questi quattro pezzi hanno molto in comune, rispetto al nostro repertorio nella sua totalità si somigliano. Non dico che è un concept album, ma i brani sono vicini fra loro. A breve registreremo un nuovo EP che avrà atmosfere completamente diverse. Molti pensano che sia un punto debole, come se non avessimo identità, ma non è così. Amiamo evocare atmosfere e immagini diverse, non abbiamo il timore di cambiare e muoverci fra melodie differenti. Giocheremo con il “nonsense” e ci prenderemo anche qualche licenza poetica. I nostri testi si basano proprio su questo, sull’evocazione. Dare la possibilità di interpretazioni diverse è forse la parte migliore, lasciamo che i brani vengano percepiti soggettivamente.

Avete altri progetti in cantiere?

Giuseppe: “Stiamo cercando di collaborare con qualche etichetta, abbiamo avuto dei primi contatti e riscontri. Noi vogliamo divulgare il nostro stile. Finora siamo stati completamente autoprodotti.

Ci avete presentato “Mustang” un brano in inglese. Cantate anche in italiano?

Enrico: “Abbiamo fatto una doppia scelta. Dipende dal brano, alcuni brani sembrano essere nati appositamente per l’inglese, altri per l’italiano. Normalmente mi occupo io della stesura creativa di un brano, ma l’arrangiamento è un lavoro di gruppo, in sala.

Giuseppe: “La lingua è una nostra scelta, in base al pezzo. Se a noi piace, non ci preoccupiamo del pubblico o della preferenza linguistica. Non seguiamo né un’unica linea né le mode.

Da dove traete la vostra fonte d’ispirazione?

Enrico: “Ci facciamo guidare dall’istinto. Nel gruppo abbiamo influenze eterogene, inizio a scrivere la musica e da lì nasce il testo. E’ raro che nasca prima un testo, anzi, spesso è proprio il titolo ad ispirare una lirica. Il testo è l’ultimo a nascere.

Vi inquadrate in un genere particolare?

Giuseppe: “Probabilmente no. Ascoltandoci emergono le nostre velleità, ci ispiriamo ai Motorpsycho, ai Sonic Youth, possono emergere anche i Nirvana dal nostro background.

Enrico: “Io sono cresciuto con i Beatles. Scrivo pezzi che mi piacerebbe ascoltare. Ci piace l’impatto rock, sporco e aggressivo, a volte punk. Le nostre armonie si rifanno ai nostri ascolti. Non importa, la madre è sempre la melodia.

Nel video di “Mustang”, avete scelto di non mostrarvi. Come mai volete restare un’incognita?

Enrico: “Anche la copertina dell’EP è una fotografia che non ci raffigura. Non abbiamo nostre fotografie. Le evocazioni del testo e della musica sono più importanti della nostra identità. E’ la musica a parlare e le immagini non sono altro che un accompagnamento, nonostante i testi siano molto personali noi non vogliamo essere attori del brano, né imporci.

Giuseppe: “E’ come interpretare un quadro. I nostri brani sono così.

E’ una scelta fuori dal coro.

Giuseppe: “Questo è uno dei nostri problemi: quando ci presentiamo ad un live siamo diversi dallo stereotipo della scena napoletana e campana. Siamo sempre una sorpresa per i presenti, alcuni ci vedono per la prima volta e ci percepiscono come persone timide. Durante il concerto rompiamo questa barriera con un suono dirompente e riusciamo a raggiungere il pubblico. Noi non vogliamo essere protagonisti della musica, vogliamo divulgare le melodie e non noi stessi. Il messaggio evocativo della musica è tutto ciò che conta.

Come avete percepito il pubblico finora?

Enrico: “Per il momento alle serate live, abbiamo avuto ottimi riscontri. Il problema è che i gruppi “inediti” sono in crisi. Molti locali hanno chiuso negli ultimi anni e le mode la fanno da padrone, soprattutto qui a Napoli si segue un certo genere musicale, dominante anche nella scena indipendente. La tendenza è quella del cantautorato, a volte anche in dialetto. C’è sempre meno gente che ascolta musica dal vivo. I temerari che si imbarcano nell’ascolto di un gruppo nuovo però, ci hanno dato ottimi feedback.

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