La Taniére d’Amèlie: il nostro favoloso mondo alternativo

È la bellissima voce di Benedetta Giovagnini a guidare La Taniére d’Amèlie, insieme ad Andrea Boldi e Riccardo Lanzi. Una band che non ama etichettarsi e gode della libertà creativa della piccola nicchia che si è ritagliata. Così La Taniére d’Amèlie si raccontano, in un gioco di evocazioni e contraddizioni.

Com’è nata l’avventura La Taniére d’Amèlie?
Ci siamo conosciuti nel 2011 durante la terza edizione del Premio Valentina Giovagnini, festival musicale dove erano stati invitati i FumiProFumi, la band indie rock dove allora militavano Andrea e Riccardo. Da li è nata un’amicizia, una frequentazione e un rapporto di reciproca stima che ci ha convinti nel 2015 a iniziare un percorso comune.

Cosa significa La Taniére d’Amèlie? 
Approcciandosi a questo nome, viene immediato riferirsi a quel capolavoro del cinema francese che Jean-Pierre Jeunet ha portato al buio della sala all’inizio del millennio (Il favoloso mondo di Amelie, appunto), film romantico e a tinte pastello. Lo abbiamo volontariamente sporcato, associandolo alla parola “tanière”: covo, luogo dell’illecito per definizione. La Tanière d’Amélie è un gioco di richiami e citazioni, di coesistenza fra realtà contraddittorie.

Benedetta, tu hai partecipato a The Voice of Italy. Come mai hai deciso di abbandonare l’idea di una carriera da solista?
The Voice è stata un’esperienza positiva sotto tutti i punti di vista. Ma non vedo questo mio nuovo progetto come un abbandono della carriera solista, ho semplicemente deciso di condividere il mio percorso con due amici musicisti che hanno arricchito il mio background musicale sotto ogni punto di vista. Anzi, mai come adesso sto facendo la musica che più mi appartiene e mi piace fare.

Il brano con cui vi siete aggiudicati il contest, Un buco nell’anima, è stato definito il punto più alto della vostra produzione artistica. Siete d’accordo?
Senza dubbio, è il progetto dove vanno a confluire in maggior misura le nostre rispettive conoscenze e influenze musicali che traggono la loro origine dal mondo del blues. Un buco nell’anima presta particolare attenzione alla ricerca della sonorità, al colore della musica, all’importanza della parola. Quest’anima blues le conferisce ancora più potenza comunicativa.

Chi è l’autore dei vostri brani? 
Ai testi penso io (Andrea). Nella creazione di una lirica m’ispiro alle cose che mi piacciono e le declino nella forma canzone. Che siano libri, film, videogames, nonché ritagli di vissuto quotidiano: non c’è nulla che non dia buoni spunti da rielaborare per fare un buon testo.

Avete altri progetti in cantiere? 
A giugno 2016 è uscito il nostro primo Ep, composto da 8 brani inediti. È stato accolto positivamente e questo ha rappresentato per noi la spinta a continuare a lavorare in questa direzione, tanto che già stiamo scrivendo nuovi brani e stiamo già pensando a un nuovo album.

Vi etichettate in un genere particolare? 
Non ci riconosciamo in un genere particolare, anche se un pochino ci piace definirci “alternative”. Amiamo spaziare fra generi che ci piacciono, dal jazz all’elettronica, dal rock al folk. È questo il bello della nicchia, la grande libertà creativa che ti lascia.

Ultimamente, i nostri contest vedono in finale molte voci femminili, cosa ne pensate?
Il rock ha spesso avuto come protagoniste donne che tutt’oggi continuano a essere delle vere e proprie icone. Come in tutti i settori, esistono persone più o meno capaci e meritevoli, indipendentemente dal sesso. Noi possiamo solo dire di avere un’ottima vocal performer e sperare di ritagliarci un posticino minuto fra i “bravi”.

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