TODD RUNDGREN parla di TECNOLOGIA

Sei ritenuto un uomo sempre aggiornato su quello che è nuovo, e proiettato nel futuro.
La musica e la comprensione della tecnologia sono sempre state innate in me.
Sono stato molto fortunato: mio padre, pur non essendo un musicista, era un uomo di ottimo gusto.
Oltretutto era anche un ingegnere. Sapeva tutto sull’elettronica e in cantina aveva una favolosa
collezione di attrezzi.

Quindi tale padre, tale figlio?
Direi di sì.
Da bambino ero solitario e trovavo affascinante la tecnologia.
Volevo costruire un robot che mi fosse amico, e mi proteggesse dai bulli.
La cosa mi condusse, molto piccolo, a capire il funzionamento degli apparecchi digitali.
A dieci anni sapevo tutto sui codici binari.
Una volta finita la scuola avevo di fronte a me un bivio:
o imparare a fare il programmatore, o entrare in una band.

La tecnologia ti ha mai causato problemi?
Un progetto da schifo produce risultati da schifo.
Ho passato un sacco di tempo negli alberghi,
e ho un sacro terrore di trovare un cordless nella mia camera:
hanno sempre due linee e io non riesco mai a intuire la giusta combinazione di tasti
per fare una normalissima telefonata.
Poi ci sono tecnologie che evito per altri motivi.
Ad esempio, non ho mai posseduto un cellulare.

Essendo tu uno dei primi musicisti ad avere sfruttato Internet,
pensavamo che ti precipitassi a comprare l’ultimo modello appena uscito sul mercato.
In effetti ho mentito.
Ne ho avuto uno quando vennero messi in commercio la prima volta, ma capii presto che non
ero fatto per lo stile di vita dei cellularizzati.
A mano a mano che il tempo passava, ho visto la gente diventarne dipendente,
e non penso di cambiare idea.
Sai, è come vedere qualcuno diventare schiavo dell’eroina. E a me l’eroina non piace.

Rundgren_live

Come reagisce la gente quando scopre questa tua idiosincrasia?
Restano esterrefatti.
Non riescono a concepire l’idea che uno non abbia un cellulare di questi tempi.
E questa è un’altra delle ragioni per cui non ce l’ho.
Non ho nulla di talmente importante da dire, da doverla dire subito.

Che ne pensi dei campionamenti e degli altri strumenti che fanno la fortuna di
personaggi dal talento, diciamo, un po’ scarso?
Personaggi di successo sostanzialmente privi di talento non sono una gran novità.
Ricordo l’epoca prima dei Beatles, quando avevamo a che fare con artisti mediocri ma di bell’aspetto come Frankie Avalon.
Oggi guardo Taylor Swift e penso “ti conosco, mascherina”.
Al massimo, è solo una con un bel taglio di capelli.

Come vedi il futuro?
Artisti che vendono la loro musica senza passare per Internet?
È possibile essere ancora più diretti?
Tutto è possibile.
La cosa che mi affascina in questo momento è la possibilità della presenza virtuale,
ossia proiettare un tuo facsimile in un altro luogo.
Non sto cercando di distruggere l’idea stessa dell’esibizione live,
ma il futuro sta accadendo ora.
Nella musica, nelle comunicazioni interpersonali, e in molti altri campi ancora.

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