Transiberiana: Tre domande a Vittorio Nocenzi

Vittorio Nocenzi, Guido Bellachioma, Transiberiana, intervista, Stone Music, Prog

Un breve estratto dell’intervista a Vittorio Nocenzi che uscirà su Prog 23

Di Guido Bellachioma

Che differenza c’è tra un vostro concept degli anni 70 e la TRANSIBERIANA? Hanno influito sulla composizione i problemi di salute che hai avuto nel 2015, fortunatamente superati del tutto? Possono averti dato uno sguardo diverso nell’approccio alla vita e alla musica?
Certamente le disavventure della vita negli ultimi anni mi hanno dato più distacco e contemporaneamente più serenità, anche se la cattiveria mi fa ancora male… Intendo riferirmi a chi mi ha visto sempre così forte, determinato nel raggiungere gli obiettivi che mi prefiggo. Solo a uno sguardo frettoloso e a un’umanità gretta e superficiale può sfuggire che questo tipo di forza interiore non arriva dall’alto come un regalo inaspettato: può nascere solo da scelte effettuate con coraggio e amore, sia pure difficili, faticose da prendere e portareavanti fino in fondo… sempre. Non esistenessun supereroe. E io ho scelto di far continuare la storia di questa band; non ho ancora accettato quanto il destino ha voluto accadesse tutto insieme, come una specie di accanimento. Mi è sembrato troppo. E allora, come sempre, combatterò con altrettanto accanimento per annaffiare il giardino del mago, finché avrò acqua di sorgente a cui attingere.

Stavi mettendo a punto l’orlando furioso e ora, invece, questo concept album. Quell’opera è stata parcheggiata momentaneamente? Verrà ripresa tra qualche tempo, finiti i necessari lavori per portare in giro la TRANSIBERIANA?
Esattamente. Qualcuno mi ha fatto pensare che molti, forse i più, dico io, non sapevano se dopo quanto successo, il Banco fosse ancora vivo, in quale stato si trovasse, in che modo vivesse questa nuova dimensione. Gli altri non sono tenuti a informarsi su di te: se per te gli altri sono importanti, devi informarli e dire loro come stai, che cosa stai facendo. Insomma, prima di dare luce all’Orlando mi è sembrato necessario comunicare ai fan il nostro stato di salute. Abbiamo voglia di ringraziarli concretamente, e con tutto il nostro affetto, per l’amore e il rispetto che ci hanno voluto donare in 50 anni. La gente ha tanti problemi da risolvere e se, in questo mare costantemente agitato che è la vita, prosegue a essere disponibile con amore ed attenzione nei confronti del gruppo… è un privilegio incredibile, che deve onorare al massimo!

In passato la Manticore di Emerson, Lake & Palmer, oggi la Inside Out con un nuovo contratto internazionale. Come sono andate queste due storie?
Sono due storie molto diverse. Nella prima (1975) eravamo dei ragazzi che si videro proiettati a livello europeo dall’oggi al domani! Fu un’esperienza bellissima, paragonabile al primo amore, che per definizione è speciale: scoperta totale, rilancio della scommessa del vivere. Ricordo la presentazione alla stampa internazionale a Venezia, l’hotel Danieli, il motoscafo che volava sull’acqua in Laguna, il mio Hammond C3 che arrivò in gondola al teatro Malibran per il nostro concerto. Insomma un film composto da tante prime volte. L’incontro con l’Inside Out, avviene dopo tanti anni di carriera, dopo più di 5000 concerti in tutto il mondo. Una specie di consacrazione per il ruolo e il lavoro svolto fin qui. Quindi un altro tipo di soddisfazione, per certi versi addirittura più preziosa. Chi conosce la storia di questa etichetta sa che rappresenta molto per il rock progressivo a livello internazionale: quando un disco viene pubblicato dalla Inside Out può essere ritenuto di alta qualità. Dietro questo nome importante non è poi un caso che trovi persone di altrettanto spessore. Gli interlocutori con cui abbiamo fin qui avuto modo di interfacciarci, Stefan Franke e Thomas Waber, si sono rilevati di altoprofilo, quindi è stato facile finora lavorarecon loro.

L’intervista integrale su Prog Music 23 in edicola (e in digitale) dal 20 marzo

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