Quando i Guns N’ Roses pubblicarono APPETITE FOR DESTRUCTION, avevano per manager Alan Niven: ecco come un uomo solo riuscì a gestire il gruppo più pericoloso al mondo
“Delle Uzi come regalo di Natale? Potrebbe essere”. Alan Niven, il primo manager dei Guns N’Roses, sta ripensando al dicembre del 1992 quando, dicono i bene informati, regalò a un membro dello staff dei GN’R tre grosse casse di legno. Immaginate la delicata gioia del tizio quando aprì le casse la mattina di Natale trovando nella prima una mortale (e molto illegale) mitraglietta Uzi semi automatica, e nelle altre una scorta di munizioni: “E ora, decora queste mura del cazzo con spari di gioia, figlio di puttana!”.
“Lo so che per un europeo sembra una follia”, dice Niven, “ma voi non siete passati per le rivolte di Los Angeles. Ti assicuro che furono momenti di pura anarchia. Caos dappertutto. I primi incendi furono appiccati la notte di giovedì, e la Guardia Nazionale arrivò solo la mattina di lunedì – senza munizioni, perdipiù. Nel frattempo, la polizia di LA si faceva i cazzi suoi. Eravamo abbandonati a noi stessi. Oltretutto, si erano diffuse voci che in alcune lavanderie avessero rubato uniformi da sbirro, e che le armerie della Guardia Nazionale fossero state saccheggiate dai rivoltosi…”.
Per comprendere bene il senso dei ricordi di Niven, bisogna tornare al 29 aprile di quell’anno, quando tre agenti del Dipartimento di Polizia di LA furono assolti dall’accusa di uso eccessivo della forza durante l’arresto di Rodney King – malgrado i filmati mostrassero chiaramente un gruppo di poliziotti intento ad accanirsi su un uomo ormai non più in grado di opporre resistenza. A quel punto, gli abitanti di Los Angeles provarono una sincera voglia di Distruzione: saccheggi, incendi e pestaggi, alla cieca, peggio per chi ci capitasse in mezzo.
In sei giorni di rivolte, morirono 53 persone: uccise dagli spari della polizia o dei negozianti che proteggevano le loro proprietà, picchiate a morte, o semplicemente vittime di pallottole vaganti. Niven era stato licenziato come manager dei GN’R tre anni prima, ma “quando scoppiò la rivolta Iz [Izzy Stradlin] corse a casa mia per chiedermi la mia 357 Magnum e un po’ di munizioni. Così, dopo la sommossa pensai bene di comprargli un fucile a pompa da 12 colpi, di quelli usati dalla SWAT della polizia di LA. Era un’arma seria, che richiedeva controllo, per cui lo portai al poligono per insegnargli a usarlo. In pratica, quando spari il bersaglio esplode sotto la scarica di colpi. A quel punto gli chiesi: ‘Ti senti sicuro ora?’. ‘Sì, Niv’, rispose lui con un sogghigno stampato in faccia”.
“Dopo quella storia, mi procurai perfino dei giubbotti antiproiettile di kevlar per la mia famiglia e mi accordai con una compagnia di elicotteri dell’Arizona, con una spesa folle, perché venissero di corsa a prelevare mia moglie e i bambini se fosse scoppiata un’altra sommossa. Insomma, non fu affatto come ‘che fico andiamo a Disneyland’”, commenta Niven.
“Piuttosto, fu un ‘cazzo, siamo davvero nella Merda!’”.
Alan Niven è l’uomo dimenticato di questa saga. Una volta, Izzy Stradlin lo definì “il silenzioso sesto membro” dei Guns N’Roses. Nel periodo in cui lavorò con loro (dal 1986 al 1991), rifiutò la maggior parte delle richieste di interviste, e dopo ne concesse pochissime . “Non mi piace parlare dei dischi”, spiega, “secondo me, la musica deve spiegarsi da sola”.