La vicenda che ha interessato la Sony e lo scomparso ma indimenticabile Michael Jackson si è conclusa a seguito della sentenza di appello giunta dopo anni di battaglie giudiziarie riguardanti la possibilità che tre canzoni di un album uscito postumo non contenessero effettivamente la voce del cantante.
Il contenzioso legale ha avuto origine da una denuncia presentata nel 2014 da una fan di Jackson, Vera Serova, ed è tornata all’attenzione delle cronache settimana scorsa dopo che Sony e gli amministratori del patrimonio di Jackson hanno dovuto rilasciare un comunicato congiunto che negava che la casa discografica avesse mai ammesso che Jackson non fosse la voce delle tre canzoni oggetto della contesa, tutte e tre presenti all’interno dell’album del 2010 “Michael”.
La corte di Appello, composta da tre giudici, ha sentenziato a favore della gestione del patrimonio di Michael Jackson e della Sony Music, escludendoli dagli imputati nella class action presentata dalla Serova; la decisione è giunta a seguito della considerazione che entrambe le entità non sapevano per certo se l’artista avesse realmente cantato in quei tre pezzi, mentre la cover dell’album così come il materiale promozionale dello stesso non potevano essere qualificati come “commercial speech”, la fattispecie in cui erano inquadrati nella denuncia della Serova.
In un comunicato stampa Howard Weitzman, avvocato e amministratore dei beni di Jackson ha commentato: “Abbiamo ottenuto una vittoria totale“.
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