Queen: a kind of magic

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Calarsi nei panni di Freddie Mercury è stata una sfida, che Sacha Baron Cohen non è riuscito ad affrontare. Freddie e i Queen sono leggenda.

“Quando ho ottenuto questo ruolo, ho pensato che sarebbe potuta essere una performance in grado di definire una carriera… Due minuti dopo aver parlato con la produzione ed essermi confrontato con Brian May, ho invece pensato: questa parte potrebbe distruggerla, una carriera…”

A parlare così è Sacha Baron Cohen, al quale era stato offerto il ruolo di Freddie Mercury nel film Bohemian Rhapsody. L’attore si è però ritirato, sostenendo che gli sceneggiatori gli avevano affidato un Mercury “edulcorato” e troppo poco trasgressivo rispetto all’originale, come musicista e nella vita privata. Inoltre, si era creato un contrasto con Brian May, che prevedeva la morte della rockstar a metà film per dare più spazio agli altri tre musicisti della band. È andata proprio così? O Baron Cohen ha semplicemente avuto paura di quel ruolo? Di fatto, la sceneggiatura è molto diversa. Comunque sia, non si è tirato indietro il coraggioso Rami Malek, americano di origini egiziane di 37 anni.

E proprio di coraggio si deve parlare: non dev’essere stata una sfida da poco calarsi, da attore, nei panni di un cantante che è stato uno dei più complessi talenti rock di sempre, e riuscire in una lavorazione tormentatissima a far riemergere il furore creativo, gli eccessi e i trionfi di Freddie Mercury, il frontman di quella band che un sondaggio della CBS del 2007 elesse come “miglior gruppo britannico di tutti i tempi”.

Queen. La Regina. Quell’immagine che tutti abbiamo in mente, maestosa, elegante e signorile, fatta di abiti di seta e corone.

Ci vengono in mente tutte quelle più importanti della storia, e, non ultima, l’attuale regina Elisabetta d’Inghilterra, che sembra essere eterna e inossidabile, detentrice, dal 1952, del Regno più lungo di tutta la storia britannica. Tuttavia, ovviamente, gli scettri passano di mano. Se però una Regina è sostituibile, e perfino di un Papa prima o poi “se ne fa un altro”, questo semplice concetto sembra di fatto inapplicabile a Freddie Mercury, “Regina” immortale e insostituibile.

Sì, è vero, dopo la sua morte c’è stato più di un tentativo di provare a sostituirlo. Ci hanno provato Brian May e Roger Taylor. È stato un mero tentativo commerciale ma, non ce ne vogliano Paul Rodgers, grandissimo vocalist con i Free, e Adam Lambert – degnissime carriere, degni lavori – ma… Freddie era un’altra cosa.

Ma perché? Se lo sta chiedendo un gruppo di studiosi della voce umana, capitanati dal medico austriaco Christian Herbst, che hanno pubblicato uno studio su una rivista scientifica specializzata, «Logopedics Phoniatrics Vocology». Dalle analisi delle registrazioni, hanno constatato che Mercury, parlando, aveva una voce da baritono, ma cantando riusciva a coprire con la sua estensione vocale tre ottave, e in varie occasioni sono stati analizzati dei picchi perfino fuori da questo range.
L’indagine ha sottolineato, esaminando le subarmoniche, una specie di “doppia voce”, prodotta da una specifica inconsapevole tecnica di utilizzo delle differenti cavità del cavo orale e da una particolare abilità nel modificare la sua conformazione laringea alle proprie esigenze musicali, creando una combinazione unica, che ha dato vita a una voce tanto particolare.

Una parola che dice tutto: irripetibile.

Studio che di fatto, per la morte del cantante, si è arenato, senza riuscire a indagare ulteriormente sui processi fisici per spiegare il timbro e la modulazione dell’artista, che quindi, anche per la scienza, resteranno un mistero. O “una specie di magia”, a kind of magic, tanto per parafrasare. E nel nostro “Speciale” di «Classic Rock», unitamente al film Bohemian Rhapsody, riviviamo le magnificenze di una band e di un cantante, una Regina, che ancora oggi non ne vuol sapere di passare lo scettro.

Testo a cura di Franco Brizi.

Lo speciale dedicato ai Queen è in edicola dal 15 novembre e disponibile qui.

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