Combatti, cadi, rialzati e restituisci il colpo: I Think I’m Paranoid (Garbage)

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Prevedere e anticipare le mosse dei tuoi nemici – i nemici erano all’interno dell’industria discografica. Di questo parla la canzone che diede al gruppo di Shirley Manson una hit da Top Ten e una poltrona ai Grammy Awards.

Shirley Manson sapeva che il successore del disco di esordio dei Garbage doveva essere diverso. “Voglio mettere l’accento sui temi di cui parliamo nei testi”, avrebbe detto poco dopo la scozzese dai capelli di fiamma al batterista Butch Vig e ai chitarristi Steve Marker e Duke Erikson, quando li incontrò per iniziare il lavoro su quel che sarebbe divenuto VERSION 2.0.

“Fu una mossa molto arrogante da parte mia, ma anche necessaria”, ammette oggi. “Avevo cercato di compiacere il gruppo, ma dentro di me avevo capito che se i Garbage dovevano crescere e mantenersi sinceri, io dovevo essere una frontwoman dal carattere forte. Per avere l’attenzione del pubblico, il tuo gruppo ha bisogno che quando sei lì davanti ti trasformi in una ‘gladiatrice’. Sentivo di sapere cosa andava fatto, e i fatti mi hanno dato ragione”.

Pubblicato 20 anni fa, I Think I’m Paranoid fu il secondo singolo tratto dal loro secondo disco, VERSION 2.0: diede al gruppo il suo quarto hit nella top 10 UK e diventò uno dei brani più riconoscibili dei Garbage. Fondamentalmente, è una canzone rock, con stacchi possenti e che fa uso massiccio della tecnologia disponibile all’epoca.

“Si può discutere, ma credo sia stato il primo disco interamente digitale”, afferma la Manson. “Sicuramente, è stato uno dei primi a usare quel tipo di tecnologia che non tutti ancora conoscevano. Non sapevamo ancora cosa ci si potesse fare, o i suoi limiti”. Lavorando a contatto con i programmatori che stavano elaborando Pro Tools, i Garbage utilizzarono prototipi che venivano mandati in studio mentre registravano. “Creò questo strano imprint sonico, che poi avrebbe incorporato tutta questa nuova tecnologia”, ricorda la Manson. “Tutti noi avevamo degli schemi mentali ancora analogici, per cui quello fu un momento in cui si costruì un ponte tra idee vecchie e nuove. È molto frizzante, e lo scopo era quello. Tutto era eseguito alla perfezione. Volevamo realizzare un disco di pop sci-fi. Eravamo ossessionati da Blade Runner, e sapevamo che il mondo stava cambiando. Era un’epoca di rivoluzioni ed eravamo tutti fissati sul futurismo e la musica elettronica”.

Con la sua voce caldissima, Shirley cantava versi che parlavano di disturbi mentali. All’epoca, la Manson fu molto influenzata dal romanzo di Janice Galloway The Trick is to Keep Breathing, che parla dei drammi di una 27enne in lotta con l’alcolismo e l’anoressia. La Manson ci fa capire come il libro abbia avuto molta più influenza di quel che sembra su VERSION 2.0, a parte il brano omonimo. “Per me è stato un libro molto importante. Avevo sempre voluto infrangere certi tabù sulle malattie mentali, un argomento di cui non si doveva parlare”, ci dice. “Amavo quel libro, perché trattava della salute mentale, e a quel tempo non molti artisti erano disposti a parlarne”.

“Ancora oggi non è tanto comune scrivere su questo tema, ma in quel disco assunsi un punto di vista combattivo – cosa che ho fatto in tutta la mia carriera. Capisco che il mondo non è carino e coccoloso, e certo non aspetta l’ora di abbracciarti. In un certo senso, ho una visione molto vichinga della vita: devi lottare e se ti colpiscono, cadi, ti lecchi le ferite, torni in campo e restituisci il colpo”.

I Think I’m Paranoid parla degli aspetti più sordidi dell’industria musicale. Il successo dell’esordio dei Garbage e una serie di singoli di successo dopo 10 anni passati a fare gavetta nei Goodbye Mr. Mackenzie, avevano reso la Manson molto cauta. “Il testo nasceva dalla mia sensazione che là fuori tutto fosse contro di me, e che dovevo stare molto attenta, e che dovevo essere molto molto astuta. Fondamentalmente, parla dell’essere più scaltro del tuo nemico, chiunque esso sia, e stare sempre sul chi vive. Devi sempre essere tre passi avanti ai tuoi nemici, perché quando hai un disco di successo c’è un sacco di gente che vuole farti il culo! Dopo il primo disco, abbiamo avuto un sacco di problemi”.

Manson respinge i tentativi di fare di lei l’ultima “It Girl”, o etichettare i Garbage come un gruppo ‘che esprimeva lo spirito dei tempi’: “Sono tutte cose pericolose, che ti avvelenano. Nella cultura scozzese non c’è l’abitudine di leccare il culo, e non voglio farmelo leccare perché ti distrugge. Sentirsi potenti, illudersi di avere potere… sono cose che possono inebriarti, ma fin da bambina io sono cresciuta detestando i palloni gonfiati. Se ti gonfi troppo perché ti credi chissà chi, arriva sempre qualcuno che ti sgonfia”.

I Think I’m Paranoid fu il secondo di cinque singoli di successo e alla fine avrebbe venduto quattro milioni di copie in tutto il mondo, cementando il posto dei Garbage nella cultura pop in un momento in cui la musica alternativa dominava le classifiche mainstream. Il fascino molto dark della Manson fu una benedizione per il gruppo e, oltre a essere una presenza preminente nei video promozionali, si rivelò adattissima per le copertine delle riviste, cosa ottima da un punto di vista pubblicitario.

“Quando il disco fu pubblicato, il contesto in cui apparve era quello in cui la musica cosiddetta alternativa dominava la scena. Se non eri indie, non andavi in tv né ti mettevano sulle copertine. Fu la prima e unica volta in cui la musica alternativa e indie erano diffuse a livello mainstream. Fummo fortunati. La cosa non si è più ripetuta. Ricordo di essere stata a Top of the Pops ed ero entusiasta. Pensavo: ‘Finalmente mi accettano come cantante di questo gruppo’. Ci esibivamo davanti a questi ragazzi che sembravano a disagio, scontenti, perché volevano andare all’altro palco dove stavano i Blur o qualcun altro. Non ho mai amato gli orpelli o la fama che arrivarono. Ho visto un sacco dei miei colleghi diventare famosi, e loro adorano il potere che deriva dall’essere riconosciuti dalla gente, adorati e riveriti. Gli piace se le persone attorno a loro si sentono insicure e quindi gli fanno da zerbino. Per me invece è un modo di comportarsi repellente, disprezzabile. Non presto più attenzione a qualcuno solo perché è una rockstar e non una persona normale – ma vaffanculo! E questo lo credo fino al midollo della mia anima scura e depravata”.

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