Il ritorno degli A Perfect Circle

a perfect circle

A Perfect Circle, un ritorno inatteso esplorando nuove possibilità sonore per quello che fu uno dei progetti alternative metal più originali degli anni Zero.

Se pensiamo alle origini degli A Perfect Circle, questa nuova prospettiva non è una cosa da poco: il gruppo nasce infatti nel 1999 come estensione delle sperimentazioni sonore per chitarra di Billy Howerdel, tecnico del suono per artisti come Nine Inch Nails, David Bowie, Smashing Pumpkins, Guns N’Roses e Tool. Keenan e Howerdel erano quindi già amici di vecchia data, avendo fatto conoscenza fin dal 1992 quando i Tool aprivano i concerti dei Fishbone e Howerdel lavorava insieme a loro.

Dopo qualche anno i due musicisti arrivarono a condividere un appartamento a North Hollywood e fu nell’occasione della convivenza che Keenan per la prima volta ascoltò e apprezzò i demo di Howerdel, proponendosi come cantante. Tuttavia inizialmente il chitarrista era in cerca di una voce sullo stile di Elizabeth Fraser dei Cocteau Twins, poiché riteneva le sue composizioni più adatte a una voce eterea.

La malleabilità e l’abilità vocale di Keenan lo convinsero a coinvolgerlo nel progetto insieme alla bassista Paz Lenchantin, al chitarrista Troy Van Leeuwen (ex Failure) e al batterista Tim Alexander (Primus) quasi subito sostituito da Josh Freese.

Il primo album degli A Perfect Circle, MER DE NOMS, pubblicato nel 2000, era appunto un excursus chitarristico con suoni elettrici ultraterreni e riverberati, ma anche intensamente dark e gotici, frutto di un personale approccio di Howerdel che permise al gruppo di distanziarsi considerevolmente dall’imperante onda nu metal che si stava propagando in quegli anni. L’amalgama prodotto da MER DE NOMS era di una discendenza molto più nobile grazie sia alle suggestive musiche, pensate da Howerdel, sia dai profondi testi e dall’emozionante interpretazione vocale di Keenan.

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A proposito di parallelismi, sembra che la storia dei Tool e degli A Perfect Circle trovi altre similitudini oltre la militanza del cantante in comune e il lungo gap della pausa intercorsa tra i rispettivi album. Anche all’epoca di MER DE NOMS c’era una grande attesa per quello che sarebbe stato LATERALUS (pubblicato l’anno successivo) e tra le raccomandazioni per i giornalisti che avrebbero intervistato Keenan l’ufficio stampa della Virgin (l’etichetta degli APC) aveva imposto alcune semplici regole da rispettare: 1) non trattare gli APC come una side-band; 2) evitare domande sui Tool, pena la fine dell’intervista.

Keenan poteva spingersi al massimo a rispondere solo con un laconico “sta arrivando”. Diciotto anni dopo la situazione sembra essere la stessa solo che questa volta i giornalisti hanno trovato un Keenan più disponibile al dialogo, anche se non transige sul fatto che gli A Perfect Circle siano una band altrettanto importante a tutti gli effetti. Con il senno di poi il secondo album THIRTEEN STEP, pubblicato nel 2003, appare un equilibrato ponte di passaggio tra i Tool (probabilmente per il maggior coinvolgimento di Keenan in fase di stesura) e gli attuali A Perfect Circle.

È da questo momento che la band può certificarsi come una mosca bianca all’interno di una scena che fin dal primo album li ha visti distinguersi dal filone alternative metal imperante in quegli anni.

Se infatti il disco mostra i muscoli con parsimonia su tracce più abrasive e terrene (The Outsider, Pet), la peculiarità che viene risaltata è quella di un heavy rock meditabondo attento a melodie e sfumature tenui che poi esplodono in colori accesi. Il mellifluo tribale di The Package, la calma apparente di The Noose, il trip estraniante di Vanishing aggiungono una componente onirica e sperimentale non dissimile alle stratificazioni sonore adottate su EAT THE ELEPHANT.

L’articolo completo, a cura di Lorenzo Barbagli, è su PROG Italia n.19, disponibile qui.

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