Per riprendersi dallo shock della fine dei Beatles, Paul McCartney lavora con i Wings a due dischi, appena ristampati in versione deluxe.
Ricominciare dopo i Beatles. C’era un tempo in cui accettarlo era difficile. Come nel finale di una storia d’amore, colpe e responsabilità sono interpretabili. Sulle prime, Paul McCartney patì moltissimo la sua condizione di “disoccupato” o “divorziato” come si sarebbe definito a più riprese. “Al mattino non mi andava di alzarmi, e se lo facevo cominciavo a bere. Ho passato tutta l’estate (del 1970) con un nodo allo stomaco”, rivelò Paul in un’intervista nel 1971.
Fu Linda a salvarlo, e assieme a lei la musica giocò una parte fondamentale.
Il box WINGS 1971-1973, nuova puntata del mastodontico progetto The Paul McCartney Archive Collection, è un racconto discografico degli anni pionieristici dei Wings, la band con la quale McCartney decise che era arrivato il momento di voltare pagina, senza rimpianti per un passato seppur glorioso e importantissimo. Non si sarebbe trattato di un inizio facile: ma il progetto di McCartney era pensato per durare nel tempo.
Wild Life
Dopo aver messo assieme un gruppo a quattro elementi nell’estate del 1971 (con Denny Seiwell, il batterista di RAM, ai tamburi, l’ex Moody Blues e vecchio amico Denny Laine alla chitarra e Linda alle tastiere), Paul lo battezzò Wings dopo qualche esitazione (tra gli altri nomi: Turpentine, Dazzler e… Paul McCartney Blues Band!). Il primo album del gruppo fu WILD LIFE, inciso in gran segreto a Abbey Road tra il 24 e il 26 luglio 1971. La versione rimasterizzata (nel Cd 1 di questa ristampa) propone il sound già spettacolare del disco in una veste ancor più lucente e definita.
L’album può essere considerato a buon diritto un unicum all’interno del percorso discografico di McCartney: è forse il suo unico disco “blues” per approccio (cinque delle otto canzoni del disco sono “take one”), stile (alcuni brani sono improvvisazioni o contano su strutture armoniche con pochissimi accordi) e riferimenti: “è stato Dylan a ispirarlo” disse Paul, “avevo sentito che aveva registrato un disco in cinque giorni [NEW MORNING, ndr] e mi è sembrato interessante”.
La prima parte di WILD LIFE presenta brani incisi dal vivo in studio: Mumbo, una ringhiosa e sgangherata jam session con McCartney che urla nel microfono frasi in un curioso grammelot. Il brano comincia con il celebre “Take it Tony!” rivolto al fonico Tony Clark: qualcosa come: ‘dai, registrala!’. Il secondo pezzo è una specie di ninna-nanna intitolata Bip Bop, un pezzo ispirato dai balbettii della sua bimba Mary: Paul prese ispirazione da lì per i vocalizzi contenuti nella canzone. Ci sono poi due sortite in campi musicali inconsueti per McCartney, il reggae e il blues. Paul, amante della musica giamaicana, conduce la banda in un’improvvisazione in stile reggae e vi canta sopra Love Is Strange, un vecchio successo di Mickey and Sylvia. C’è spazio per un lungo blues con Wild Life, un grido di libertà in chiave ambientalista.
Vi sono anche brani arrangiati con maggior cura. Paul e Linda si dividono le parti vocali nelle dolci Some People Never Know, scritta alle Barbados nel 1969, e I Am Your Singer, col cameo dei Dolmetsch ai flauti diritti. Ma il meglio è nel finale con Tomorrow, una ballata dai toni blues che Paul definì “un classico”, e Dear Friend, il pezzo più significativo del disco, un malinconico pianto che tende la mano a Lennon, una risposta alla scioccante intervista rilasciata da John a «Rolling Stone» nel dicembre 1970.
WILD LIFE fu un insuccesso. «Rolling Stone» lo definì “flaccido e insulso” e disse che rappresentava l’archetipo della musica post-Beatles di McCartney: “banale, con melodie muzakable e con liriche auto-celebrative e piene delle più abusate rime del pop occidentale”. Altri furono più indulgenti: «Melody Maker» scrisse che il disco era buono solo in parte, prevedendo però un futuro roseo per McCartney. Anche le vendite furono un flop: l’album non entrò nei Top 10 in Inghilterra, fermandosi al n. 11 e raccogliendo la miseria di nove settimane in classifica. In America, WILD LIFE si piazzò invece al n. 10. In questa riedizione, il disco è presentato anche in una versione early-mix, una vera chicca per i collezionisti, sempre a caccia di qualcosa di diverso.
L’articolo completo, a cura di Luca Perasi, è su Classic Rock n. 74, in edicola dal 27 dicembre e in digitale, disponibile qui.