Quando le copertine si somigliano: Max Gazzè e Nicola Barghi

max gazzè
foto Barbara Oizmud

Simili, identiche, ispirate, sono molte le copertine decisamente derivate da altre precedenti.Come per i plagi musicali, alcune volte è il caso a essere beffardo, altre volte la malafede è evidente.Qui sicuramente non vale la scusa “Però le note in fondo sono sette”.

Lo scorso anno Max Gazzè ha portato nei teatri Alchemaya, da lui stesso definita opera “sintonica” per l’unione musicale di sintetizzatori e orchestra sinfonica. Un’operazione indubbiamente coraggiosa per un artista reduce, con MAXMILIAN del 2015, dal suo picco commerciale. ALCHEMAYA è anche il titolo del doppio album di Gazzè. Nel primo, le undici canzoni scritte in coppia col fratello Francesco che formano un complicato concept storico, filosofico e spirituale, mentre nel secondo disco, aperto da La leggenda di Cristalda e Pizzomunno (il brano con cui Gazzè è stato tra i protagonisti dell’ultimo Sanremo, aggiudicandosi tra l’altro il Premio Giancarlo Bigazzi per la miglior composizione musicale), sfilano una serie di classici (tra cui La favola di Adamo ed Eva, Il solito sesso, Ti sembra normale e Una musica può fare), anche questi rivisitati in versione “sintonica”.

Il tutto è presentato da una copertina che colpisce immediatamente, dove il ritratto in bianco e nero del volto irregolare di Gazzè è rivestito da un copricapo fatto da una serie di oggetti multicolorati: cerchi concentrici, ingranaggi, strumenti musicali.

Il layout è opera dello studio creativo di Viareggio Imaginarium, di Francesca Pasquinucci e Davide Giannoni, i quali hanno lavorato per un anno con Gazzè per trasmettere al suo pubblico i temi delle canzoni in un progetto multimediale che si è già esteso a un videogame, giocabile nel sito del cantautore.

Peccato che la medesima idea fosse stata già utilizzata tre anni prima dal medesimo team grafico per un disco di Nicola Barghi, cantautore toscano la cui missione è tener vivo lo spirito del brit pop, cantando (quasi) sempre in inglese. Il quinto album di Barghi s’intitola ELETTROSHOCK e contiene in effetti, oltre che riuscite cover di Lonely Boy dei Black Keys e l’harrisoniana Old Brown Shoe dei Beatles, una mezza dozzina di ottimi brani originali, tra i quali spicca Don’t Take It Bad.

La struttura della copertina è identica: il ritratto in bianco e nero di Barghi (ironia della sorte, dotato di baffo e pizzo proprio come Gazzè), la cui testa è rivestita da un collage multicolorato dai forti richiami britannici: la bandiera del Regno Unito nel battipenna di una chitarra elettrica, audiocassette, vinili, macchine fotografiche vintage, stelle e la sagoma di Paul McCartney.

A oggi, non risulta che Barghi si sia lamentato, mentre i grafici tacciono e Gazzè pure. Del resto, si sa, il pesce grande mangia sempre il piccolo.

L’articolo a cura di Mario Giammetti è su Vinile n.13, disponibile qui.

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