Il ritorno degli Eagles

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foto: HENRY DILTZ

Dopo la morte di Glenn Frey, per una delle rock band più popolari d’America sembrava finita. E invece, gli Eagles sono tornati.

A volte, Don Henley si sofferma a riflettere sui bivi della vita. A come sarebbero potute andare le cose se a un certo punto avesse preso una direzione diversa. Ad esempio, se all’inizio degli anni 70 non si fosse trasferito a Los Angeles da una piccola città del Texas. O se non avesse passato tutte quelle serate da solo, ciondolando al Troubadour, il locale di LA dove alla fine incontrò Glenn Frey, assieme al quale costruì un’inimmaginabile carriera come cantante, batterista e forza creativa degli Eagles.

Ma quando questi pensieri arrivano, passano in fretta: Henley sa che la vita è fatta dalle nostre scelte. Certo, ci sono anche vicoli ciechi, e imprevisti, e fattori molto più grandi di te. Ma non diventi parte del gruppo musicale USA più immenso della storia rimanendo seduto nella tua cameretta, aspettando che la fortuna bussi alla porta. “Certe cose non le puoi spiegare”, dice Henley. “Chiamalo destino, o se preferisci botta di culo. Ma in un certo senso, se sei al posto giusto nel momento giusto è anche merito tuo. Cercai il Troubadour perché sapevo che lì succedevano quelle cose a cui volevo partecipare. Siamo musicisti abbastanza bravi, ma c’è molto di più. Chiamala etica del lavoro, perseveranza, resistere, andare in scena anche quando stai male e non ti sentiresti di farlo”. Nemmeno Henley avrebbe potuto immaginare i risultati delle sue scelte.

Quarantasette anni dopo che lui e Glenn Frey diedero vita agli Eagles, il gruppo rimane senza alcun dubbio uno dei più importanti e commercialmente fortunati nella storia del rock americano.

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La prima antologia degli Eagles, THEIR GREATEST HITS 1971-1975, diede il via all’era dei dischi di platino, essendo il primo a raggiungere quel risultato. E oggi è ancora il disco più venduto nella storia delle classifiche USA, con 38 milioni di copie, e non accenna a fermarsi. In giro per il mondo, è arrivato a 150 milioni in totale. Gli unici ad aver venduto di più sono Beatles e Led Zeppelin, due gruppi non statunitensi, ed Elvis Presley e Garth Brooks, che però sono dei solisti.

Ma questi numeri raccontano solo una parte della storia. Gli Eagles sono indissolubilmente intrecciati nella vita dell’America, proprio come i Beatles con quella dell’Inghilterra. I loro brani (Hotel California, Take It Easy, The Best Of My Love, Lyin’ Eyes, Heartache Tonight, Desperado) sono stati la colonna sonora di più generazioni successive. Un vecchio amico del gruppo, il cantautore JD Souther, una volta attribuì il loro successo al fatto che scrivevano canzoni capaci di evocare ricordi di una vita che desidereresti aver vissuto. Henley non ama la definizione, ma per molti gli Eagles sono ‘Il Gruppo Americano’.

Circa due anni fa, Henley arrivò a un nuovo bivio e fece un’altra scelta, una delle più importanti: ridare vita agli Eagles dopo la morte di Glenn Frey, avvenuta nel gennaio 2016.

Due anni dopo, quella decisione si è dimostrata giusta. La parte USA del tour degli Eagles è partita nel marzo 2018 e a luglio già si era dimostrata il sesto tour a livello di incassi dell’annata, con oltre 190 milioni di sterline. Il tour si concluderà con sei date in Inghilterra nel giugno 2019, al Wembley Stadium. “Francis Scott Fitzgerald una volta disse che ‘in America non si può ripetere il passato’”, dice Henley. “Credo che noi abbiamo dimostrato che non solo si può ripetere una volta, ma anche due”.

L’articolo completo, a cura di Dave Everley, è su Classic Rock n.74, in edicola dal 27 dicembre e in digitale, disponibile qui.

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