Heart: un live album per un concerto da ricordare

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Esce oggi LIVE IN ATLANTIC CITY, il live album di Nancy e Ann Wilson, meglio conosciute come le Heart, registrazione del loro concerto del 2006.

Un live album pieno di ospiti non dirada le nubi in casa Heart, dove qualunque attività al momento è congelata. Ma con Nancy Wilson c’è tanto altro di cui parlare…

Welcome back si fa per dire: è vero che è in uscita un live album, ma al momento (e dopo oltre 40 anni di hard rock) le Heart non esistono più. Uno stop causato da questioni personali tra la cantante Ann Wilson, ora in pista da solista, e sua sorella Nancy, che preferisce dedicarsi agli entusiasmanti Roadcase Royale, con i quali ha esordito l’anno scorso. Il futuro è un enorme punto interrogativo, ma LIVE IN ATLANTIC CITY, registrato nel 2006 con tanti ospiti di riguardo, è un’ottima occasione per ingannare l’attesa, nella speranza che scoppi finalmente quella pace che tutti i fan sognano.

D: Su LIVE IN ATLANTIC CITY dividete il palco con Duff McKagan, Jerry Cantrell, Dave Navarro e la stella del country Gretchen Wilson. Che effetto ti fa pensare che la vostra musica ha significato così tanto per generazioni così diverse di ascoltatori e musicisti?

R: Quando penso al modo in cui le nostre canzoni hanno resistito al tempo e si sono ritagliate un posto nella cultura contemporanea, non posso che sentirmi davvero grata e fortunata. Quella serata resta un concerto da ricordare, proprio perché ci siamo confrontate con generazioni diverse.

D: Tra i pezzi che avete suonato in quell’occasione c’è Would degli Alice in Chains, che Jerry Cantrell scrisse pensando a Andy Wood [cantante dei Mother Love Bone scomparso nel 1990, ndr]. Anche tu lo hai conosciuto, che ricordo ne hai?

R: Il mio ricordo più caro legato alla Seattle dei primi anni 90 è proprio aver visto i Mother Love Bone in concerto. Fu in un locale di Pioneer Square, in centro: faceva caldissimo lì dentro, ma rimasi incantata dalla loro esibizione! A un certo punto, mi feci strada tra la folla fino ad arrivare tra le prime file. Proprio in quel momento Andy Wood tracannò un enorme sorso di birra e poi lo spruzzò sul pubblico. Io fui una delle persone che subirono quella doccia: mi sono sentita un po’ unta, diciamo! (ride)

D: A quei tempi, Seattle diventò la capitale del nuovo rock, spazzando via quasi tutto il mainstream degli anni 80, di cui anche le Heart erano parte. C’è stato un momento in cui avete temuto che l’improvvisa centralità di Seattle potesse decretare la vostra fine?

R: Sì, eravamo davvero molto nervose, soprattutto perché proprio in quegli anni, mentre il grunge stava prendendo piede, noi stavamo tornando a vivere a Seattle e non sapevamo come saremmo state accolte. Più che paura della fine della band, temevamo che qualcuno potesse giudicarci male, e invece tutti in quella scena ci accolsero a braccia aperte e ci diedero pieno supporto.

D: Hai sempre detto che i Beatles sono stati il gruppo più importante della vostra vita, quello che vi ha spinto sulla via della musica. Come mai, a differenza di altri idoli come i Led Zeppelin, il cui repertorio avete più volte riletto, non li avete mai tributati con una cover?

R: Perché in un certo senso ci è sempre sembrato un sacrilegio! (ride) Tutti i pezzi dei Beatles che ci sarebbe piaciuto coverizzare sono rivolti a donne, per cui avremmo dovuto modificarne il testo in modo che si potesse cantare dal punto di vista femminile – e quello mi sembrerebbe davvero un sacrilegio! Comunque, mi hanno cambiato davvero la vita. Sono stati il primo concerto che ho visto: al Seattle Center Coliseum, nel 1966. La musica era quasi del tutto coperta dalle urla delle ragazze nel pubblico e i flash delle macchine fotografiche lampeggiarono senza sosta per tutto il tempo! Io e mia sorella già avevamo una piccola band e andammo lì indossando dei costumi che mia madre aveva cucito per noi, ispirati proprio a dei completi indossati dai Beatles. Probabilmente, fummo le uniche ragazze a non urlare: volevamo davvero sentirli suonare!

L’intervista completa, a cura di Tony Aramini, è su Classic Rock n.74, disponibile qui.

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