Brel e Brassens: diritti e pasticci!

Un breve estratto dell’articolo di Michele Bovi comparso su Vinile 19, in edicola.

Da Herbert Pagani a Gino Paoli, da Nanni Svampa a Fabrizio De André, i nostri artisti hanno fatto a gara per accaparrarsi gli adattamenti italiani dei due grandi maestri della canzone d’autore francese. Con tutta una serie di dischi corsari e disinvolti strappi alle regole da parte di editori compiacenti.

UNA SERA CON HERBERT PAGANI del 1965 è un vinile raro e prezioso. Registrato dal vivo nel giardino della Cascina dei pomi, angolo tra i più suggestivi della vecchia Milano lungo il Naviglio della Martesana, contiene undici brani: tre sono di Jacques Brel, con Le plat pays tradotto Lombardia che apre e chiude il concerto, gli altri dei francesi Barbara, Macias, Moloudji, Kermoal, uno dell’italiano Verger. Un album raro e prezioso per la qualità dell’interpretazione e per la tipicità di essere fondamentalmente un disco pirata. Senza casa discografica e soprattutto senza editore. Tutte le versioni italiane dell’album sono firmate da Pagani, ma nessuna in realtà gode dell’autorizzazione degli autori e degli editori originali.

L’unico brano del cantautore belga al quale è tutt’oggi riconosciuta la sub-edizione italiana di Herbert Pagani è Ces gens la, tradotto Che bella gente (Pochenel editore originale e Curci sub-editore italiano). Pagani infatti non poté mai firmare formalmente Lombardia e goderne i diritti perché Barclay, editore originale de Le plat pays, aveva concesso la sub-edizione per l’Italia alle Edizioni musicali Accordo di Giuseppe Gramitto Ricci, lo stesso patron della Curci.

Fu Gino Paoli a tradurre Ne Me Quitte Pas

Fu Gino Paoli ad assicurarsi l’adattamento di un altro dei suoi più importanti successi: Ne me quitte pas, diventata Non andare via, incisa dallo stesso Paoli nel 1962. A Sergio Bardotti spettò invece la traduzione de La chanson des vieux amants, ovvero La canzone dei vecchi amanti, firmata assieme all’attore-cantante Duilio Del Prete

Con Il gorilla salgono a 7 i depositi di De André delle versioni di Brassens: da Nell’acqua della vecchia fontana a Morire per delle idee, da La morte a Delitto di paese, da Le passanti a Marcia nuziale, tutte regolarmente autorizzate dalla 57 SARL, le casa parigina di edizioni musicali di Brassens. Una conformità non riscontrabile nella produzione di altri artisti. Gipo Farassino ad esempio pubblicò nel 1972 l’album IJ BOGIANEN contenente 4 brani di Brassens tradotti in piemontese: in realtà soltanto uno di essi, Barbra Michlin, adattamento di Oncle Archibald, fu approvato dal cantautore francese.

 

Al di là delle cover autorizzate o corsare dei lavori di Jacques Brel e di Georges Brassens, è palese quanto il loro genio artistico abbia radicalmente influenzato più di una generazione di cantautori italiani. “Una volta incontrai Jacques Brel e non potei fare a meno di confessargli che senza le sue canzoni io non avrei mai scritto Viva Maddalena o Via Broletto”, raccontò Sergio Endrigo .

Mentre i critici hanno più volte evidenziato come La città vecchia di Fabrizio De André del 1965 ricalchi Le bistrot di Georges Brassens del 1960. Di sicuro né Brel né Brassens hanno mai manifestato lagnanze per i lavori dei rispettivi numerosi proseliti. “Le strutture armoniche che si trovano in molti di questi brani poggiano su formule ripetute più volte nella tradizione classica”, dice il maestro Girolamo De Simone, uno dei più rappresentativi esponenti delle avanguardie musicali. “Prendiamo ad esempio Le bistrot, la struttura melodico-armonica è riconoscibile, si tratta di una banale progressione su basso che scende di grado: richiama la musica spagnola da Isaac Albéniz a Enrique Granados e molto altro ancora”.

“Parlare di somiglianze azzardate tra certe frasi musicali è da orecchianti”, sostiene il direttore d’orchestra Vince Tempera. “A caratterizzare i lavori di Brassens non sono le soluzioni melodico-armoniche bensì tutto l’insieme dei componenti: il testo, il racconto, il tocco, l’atmosfera, l’espressività vocale e degli atteggiamenti. Sostenere che De André gli ha copiato un ritornello significa fare torto a entrambi. De André, come molti grandi cantautori italiani, da Paoli a Endrigo, custodiva Brassens e Brel nel proprio DNA artistico. Emulare il Caposcuola non può essere considerato peccato!

L’articolo completo su Vinile 19, che si può comprare qui.

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