La vie en rouge: tre domande a Enrico Ruggeri

Un breve estratto dell’intervista di Vito Vita comparsa su Vinile 19, in edicola.

Dalla New Wave dei Decibel partì la lunga storia di Enrico Ruggeri. Un artista eclettico e amante delle sfide, che può vantarsi di diverse cose. Ad esempio di essere stato il primo a vincere Sanremo con un brano rock.

Dopo VIVO DA RE, ci furono dei problemi che portarono alla tua separazione dai Decibel: ci fu un bisticcio tra i tre soci della Spaghetti, e mentre gli altri Decibel si schierarono con Colombini, tu scegliesti Silvio Crippa.
Sì, è così. Per la verità bisogna dire che questo secondo disco con questa formazione conteneva una serie di canzoni che finirono su album, alcune sul mio CHAMPAGNE MOLOTOV, come Vecchia Europa che era un pezzo dei Decibel, o Fingo di dormire e Con te con me, e altre invece su NOVECENTO, un disco che è stato sottovalutato ma che secondo me è bello, inciso da Muzio, Capeccia e Riboni, cioè glialtri Decibel. Con grande signorilità, ognuno si riprese le canzoni che aveva scritto.

Nonostante le poche copie vendute di CHAMPAGNE MOLOTOV, il successivo POLVERE fu pubblicato dalla CGD: come avvenne il passaggio a una casa discografica così prestigiosa?
Le case discografiche mi guardavano con interesse dai tempi di Vivo da re, ma stavano aspettando che risolvessi i problemi legali che avevo, gli strascichi della vicenda della Spaghetti: secondo loro, non avrei dovuto pubblicare nulla finché il contratto che avevo firmato con loro non fosse scaduto, e quindi era cominciata una causa con Colombini. Nessuna etichetta a questo punto voleva farsi carico di una grana con un nome di rilievo come lui, ma nel preciso momento in cui la situazione si sbloccò grazie a un accordo in base al quale gli cedevo le edizioni musicali dei tre album successivi e quant’altro, si fecero vive alcune case. Non voglio dire che ci fu un’asta, ma insomma, alla fine scegliemmo quella che aveva fatto l’offerta migliore, che era appunto la CGD.

Nel 1987 vinci a Sanremo con Tozzi e Morandi…
È nato tutto dalla Nazionale Cantanti, che in quel periodo aveva la capacità di farti diventare amico di persone con le quali altrimenti non avresti avuto nulla da spartire, dal punto di vista artistico: tante collaborazioni sono nate lì. E io che ero sempre stato un po’ manicheo su queste cose, per cui per me la musica italiana era musica melodica di serie B, diventai pian pianino più disponibile, mi ero ammorbidito. Anche perché Tozzi, legato ai successi estivi di Ti amo e Gloria, poi ci parli insieme e scopri che è simpatico, è un musicista di spessore e non un bieco approfittatore del pubblico come magari potevo pensare ai tempi dei Decibel. Ma poi c’è stata un’altra cosa che mi ha dato la spinta decisiva: quando è uscito ENRICO VIII la stampa, e in particolar modo quella romana, mi lodava come autore di canzoni, ma criticava il mio modo di cantare innanzitutto per l’accento milanese, giudicato eccessivo, e poi per l’estensione vocale: questa cosa mi aveva dato fastidio, per cui quando ascoltai per la prima volta Si può dare di più pensai che poteva essere una canzone giusta per confrontarmi proprio su quel terreno in cui ero stato giudicato debole. E quindi, la cosa diventava intrigante per me.

L’intervista completa su Vinile 19, che si può comprare qui.

 

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