Gli album del 1979: Stormwatch (Jethro Tull)

Stormwatch, Jethro Tull, dischi del 1979, Prog, Stone Music, Ian Anderson
Il terzo capitolo della triilogia folk, l’ultimo album della formazione classica: Stormwatch dei JETHRO TULL.
Tratto dall’articolo di Gianluca De Rossi comparso su Prog 23.

STORMWATCH è il tredicesimo album in studio dei Jethro Tull, con cui si chiude la cosiddetta trilogia folk iniziata con SONGS FROM THE WOOD nel 1977 e proseguita poi con HEAVY HORSES nel 1978.
Se questi primi due capitoli esprimevano una concezione positiva e gioiosa della natura, il terzo, invece, sembra presagire la vendetta della stessa sull’uomo che l’ha violentata. Il concetto viene chiaramente rappresentato nel retro della splendida copertina: un gigantesco orso polare distrugge una base petrolifera nei ghiacci, davanti allo sguardo preoccupato e impotente dell’avvista-tempeste, che sulla front cover ha le fattezze dello stesso Ian Anderson.

Al di là delle tematiche ecologiste, l’album rappresenta un punto di frattura nella storia della band, portando di lì a poco allo scioglimento della formazione classica. Il bassista John Glascock verrà a mancare pochi mesi dopo la
pubblicazione del disco a causa di una malformazione cardiaca congenita, ed è presente in tre sole tracce (Flying Dutchman, Orion, Elegy), mentre Barriemore Barlowe, John Evan e David Palmer lasceranno la band nel 1980 a seguito dell’uscita di A, concepito in origine come album solista di Anderson e poi invece pubblicato a nome Jethro Tull all’insaputa dei vecchi musicisti.

Per tutti questi motivi, l’atmosfera che si respira in STORMWATCH è quella di una storia bellissima dall’epilogo triste, l’inevitabile fine di un’era gloriosa, il che lo rende piacevolmente malinconico e terribilmente romantico allo stesso tempo.

Emblematici, a tal riguardo, i due brani più belli: l’epica Flying Dutchman, ispirata alla leggenda marinaresca dell’olandese volante, ed Elegy, composta da David Palmer sulla falsariga dell’Aria sulla IV corda di J.S. Bach. Da menzionare inoltre la cupa Dark Ages, la frenetica North Sea Oil, dallo sferzante testo ecologista, l’acustica Dun Ringill che prende il nome da un forte risalente all’Età del Ferro, situato nell’Isola di Skye, e la strumentale Warm Sporran, così orgogliosamente scozzese, arrangiata con cornamuse e mandolini.

L’articolo integrale su Prog 23 che si può acquistare qui.

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