AC/DC all’inferno: The Making of “Highway To Hell”

AC/DC. Highway to Hell, storia, making of, Angus Young, Bon Scott, Classic Rock, Stone Music
La storia di uno dei dischi più importanti della storia del rock, Highway to Hell degli AC/DC!

Un estratto dell’articolo di Paul Elliott tratto da Classic Rock 78.

La dura gavetta li aveva reso gli AC/DC perfetti dal vivo: duri, elettrizzanti, spietati. Bon aveva l’incedere del pistolero, Angus attirava su di sé l’energia del gruppo e la scaricava sul pubblico, e dietro gli altri tre che si muovevano all’unisono come una macchina perfettamente oliata. I loro primi concerti nelle arene USA arrivarono alla fine del 1977, quando su invito di Gene Simmons aprirono le date dei Kiss, dopo che il bassista li vide esibirsi in un localea LA all’inizio di quell’anno. “C’erano un sacco di gruppi che suonavano ottimo rock’n’roll”, ricorda Simmons. “Quello che mi colpì fu questo chitarrista nanerottolo che continuava ad agitarsi sul palco come un ossesso, perfino negli stacchi tra i brani. Rimasi a bocca aperta”.

Nei primi giorni del 1979, il vicepresidente dellaAtlantic Michael Klenfner, viaggiò da New York fino a Sidney per incontrare il gruppo e ascoltare il nuovo materiale su cui avevano lavorato negli Albert Studios con Harry Vanda e George Young. Klenfner aveva le idee molto chiare: voleva canzoni adatte ai passaggi radiofonici negli USA, e nei demo che George gli fece sentire non c’era nulla di simile. A Klenfner questo non andava bene. Per far crescere gli AC/DC, ritenne necessario un nuovo produttore.

A febbraio il gruppo iniziò a lavorare nei Criteria Studios a Miami, Florida, con Eddie Kramer, produttore con un’ottima fama e una carriera di tutto rispetto. Nato in Sud Africa, Kramer aveva lavorato come tecnico del suono su alcuni dischi classici anni 60 e 70, compresi i primi tre della Jimi Hendrix Experience e HOUSES OF THE HOLY e PHYSICAL GRAFFITTI dei Led Zeppelin. Più di recente, aveva prodotto tre dischi dei Kiss. Ma dopo solo pochi giorni di lavoro assieme, fu chiaro che Kramer e gli AC/DC non funzionavano. Dopo che Kramer suggerì al gruppo di registrare una versione del successo anni 60 dello Spencer Davis Group Gimme Some Lovin’, Malcolm pose fine bruscamente alle sessioni.

Forse era destino. In quello stesso periodo, il manager degli AC/DC Michael Browning divideva un appartamento a New York City con ‘Mutt’ Lange. Sudafricano come Kramer, Lange di recente aveva centrato il suo primo n. 1 in UK come produttore di Rat Trap dei Boomtown Rats. Browning presentò Lange all’Atlantic come l’uomo perfetto per lavorare con gli AC/DC – una persona dotata di un fiuto per la musica rock abbinato a una sensibilità molto pop. La Atlantic diede il via libera e a marzo Lange e il gruppo si incontrarono a Londra.

Come prima cosa, registrarono e rifinirono i brani in una stanzetta in affitto, un posto di poche pretese col pavimento sporco e una stufa per attenuare il freddo invernale. Poi, per le registrazioni ufficiali, si spostarono nei Roundhouse Studios a Chalk Farm. Appena si misero al lavoro fu chiaro a tutti, specialmente a Malcolm, che questo nuovo tizio sapeva cosa stava facendo. Lange era un maniaco dei dettagli.  Per le voci Lange pretese ancora di più, tirando fuori il meglio da Bon, ed essendo anche lui un bravo cantante contribuendo a rendere i cori più potenti. Tutto questo fu subito evidente nella prima canzone registrata per HIGHWAY TO HELL, il brano omonimo. Essenzialmente, erano gli AC/DC come erano sempre stati. Come disse Malcolm: “Solo rock’n’roll a tutto volume, wham, bam, thank you, ma’am!”. Ma grazie alla magia di Lange, diventò qualcosa di più – un inno rock in grado di resuscitare i morti. E una volta fatto questo, gli altri nove brani nacquero di corsa, con l’intero disco registrato in sole tre settimane.

"Nella primavera del ’79, quando finimmo HIGHWAY TO HELL, a dare i brividi all’Atlantic non fu tanto Night Prowler quando la title-track. Quando decidemmo che il titolo sarebbe stato HIGHWAY TO HELL, la casa discografica americana entrò nel panico”, disse Angus. “Sulla religione, pensavo che fosse come in Australia. Li chiamavamo i Bibbioscemi, ed erano pochi. Molto pochi. Il cristianesimo non era popolare. Sai, noi altri discendiamo dai galeotti!”. In America invece, dove la moralità cristiana era più sentita, HIGHWAY TO HELL era una bomba in procinto di esplodere.

Quando il 27 giugno HIGHWAY TO HELL fu pubblicato,tutto si muoveva a velocità folle e il gruppo passò dal tour con gli UFO a un altro con i Cheap Trick. In UK, HIGHWAY TO HELL fu un successo immediato, arrivando al n. 8. Negli USA, dove ci si giocava il tutto per tutto, finalmente le radio capitolarono quando la title-track fu pubblicata come primo singolo. Mentre l’Lp conquistava il pubblico americano, in UK la fama degli AC/DC crebbe ancora di più grazie al concerto epocale dell’8 agosto, quando aprirono lo show degli Who al Wembley Stadium.

 

 

Il 9 dicembre, un concerto al Pavilion de Paris nella capitale francese fu filmato per il film AC/DC: Let There Be Rock, che doveva essere distribuito nei cinema nel 1980. Ma mentre il tour si avvicinava alla fine, Bon si fece male, stirandosi un muscolo della gamba durante una rissa da ubriachi con un roadie, dopo un concerto a Nizza. Riuscì a reggere per altri tre concerti in UK durante le vacanze di Natale, ma altri due dovettero essere rinviati. Bon volò da solo in Australia per godersi un Natale di sole, incontrare i genitori e vedere qualche vecchio amico.

L’ultima data del tour, il 27 gennaio 1980 al Gaumont Theatre di Southampton, fu anche l’ultima esibizione di Bon Scott. Quel che si lasciò alle spalle, HIGHWAY TO HELL, il suo testamento, fu uno dei dischi rock migliori di tutti i tempi. E proprio come aveva colto Malcolm Young la prima volta che suonò il riff “con due coglioni grossi così”, anche Bon Scott capì subito che era qualcosa di speciale. Il 4 agosto 1979, una settimana dopo la pubblicazione di HIGHWAY TO HELL, gli AC/DC si esibirono per la prima volta al Madison Square Garden di New York, aprendo il concerto di Ted Nugent. Quella sera, come molte altre in seguito, il pubblico impazzì. Nel backstage, dopo l’esibizione, Bon si vantò col giornalista di «Hit Parader» Andy Secher: “Diventeremo uno dei gruppi rock’n’roll più grandi al mondo. Dateci un paio di anni e questo posto lo riempiremo tutto da soli”. Aveva ragione. Sfortunatamente, non visse abbastanza a lungo da vederlo.http://stonemusic.it/15513/oggi-nel-rock-scompariva-il-19-febbraio-1980-bon-scott-leggendario-cantante-degli-ac-dc/

L’articolo integrale su  Classic Rock 78, che si può acquistare qui

 

 

Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti, o sulle pagine Instagram e Facebook!

Rimani sempre sul pezzo, leggi Classic RockProg e Vinile, abbonati online o acquista la tua copia nelle migliori cartolibrerie.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

You May Also Like