Vinile o digitale? Continua la querelle sull’impatto ambientale

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Le grandi star come Brian May dei Queen cercano di affrontare il problema dello sconvolgimento climatico tentando di sensibilizzare i milioni di fan sulle possibilità di migliorare l’ambiente, con azioni concrete. Lo "Skolstrejk för klimatet" ("sciopero scolastico per il clima") di Greta Thunberg è ormai uno slogan conosciuto da tutti. I governi mondiali, non tutti e molto spesso solo con operazioni di facciata, provano a non ignorare il problema dei materiali inquinanti.

Per tutte queste ragioni e vista l’enorme ripresa delle vendite di vinili negli ultimi anni, certificata dal report annuale della Recording Industry Association of America è normale che si indaghi molto sui processi di produzione del mercato discografico.


Con qualche fortunata eccezione, creare vinili vuol spesso dire adoperare impianti nati negli anni ’70, che all’interno dei loro processi produttivi utilizzano acidi tossici, enormi quantità di energia per la cottura a vapore e il raffreddamento e, soprattutto, il PVC, sostanza plastica ritenuta cancerogena.

La più grande minaccia per il futuro del settore, quindi, potrebbe giungere qualora a livello legislativo ne si proponesse l’abolizione. Avevamo già parlato degli studi delle ricercatrici Sharon George e Deirdre McKay della Keele University, che in un’intervista recente dichiaravano che per un uso prolungato nel tempo, il vinile inquinerebbe molto meno dell’ascolto in streaming, viste tutte le componenti coinvolte, dall’impiego dell’elettronica al surriscaldamento dei server. Tuttavia, ignorare il problema da parte delle vecchie e nuove aziende del settore potrebbe portare presto a risultati spiacevoli.

Esistono per fortuna imprenditori lungimiranti: è il caso, per esempio, di Harm Theunisse, dirigente dell’impresa olandese Symcon, che si occupa di creare vinili a minor impatto ambientale: a Berlino, durante la recente conferenza Making Vinyl, Theunisse ha affermato che nella sua azienda “The record is non-PVC, and did not involve chlorine and steam” (“Il disco non è fatto in PVC e non viene adoperato né cloro, né vapore”).

Possiamo difatti leggere sul portale della Symcom che con il marchio Green Vinyl Records vengono commercializzati manufatti che hanno abbassato l’impiego di energia di circa il 60% e i costi produttivi e quelli della manodopera del 25%. Il futuro del settore è nelle mani di aziende come questa, come potete vedere nel video:

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