Banco del Mutuo Soccorso: guida all’ascolto di Transiberiana – seconda parte

Transiberiana, Banco, Vittorio Nocenzi, Stonemusic, Prog, guida all'ascolto

La seconda parte della guida all’ascolto di Vittorio Nocenzi dell’ultimo album del Banco

Seconda parte della guida all’ascolto di “Transiberiana” scritta da Vittorio Nocenzi per Prog 23, che si può acquistare qui.

6. Lo sciamano (4:01)
Uno dei viaggiatori è lo sciamano, figura importante nella civiltà siberiana, realtà molto complessa. Il freddo e l’isolamento ha spinto le persone verso una vita estrema. Ci sono circa 250 etnie diverse, che hanno subito una russificazione forzata, che hanno vissuto genocidi spietati come gli altri popoli dell’Artico. In questo contesto l’alcolismo è la piaga più drammatica, che colpisce uomini e donne. Non poteva mancare nei testi un riferimento a questo stato di cose.

Sia pure con una rispettosa delicatezza nella figura dello sciamano ci sono accenni, anche drammatici ma en passant, a questo stato di cose. Lo sciamano, a un certo punto, canta: è affogato il mondo dentro la bottiglia. Pagherai tu, lo sai, credi a me, pagherai, E poi, lanciato come una freccia verso il cielo, scatta l’obbligato frenetico di sintetizzatore e chitarra elettrica.

Per contrappasso, nell’introdurre questo personaggio emblematico della realtà antropologica in Siberia, invece di suoni etnici, abbiamo preferito quelli elettronici, come i sintetizzatori velocissimi dell’inizio, che scandiscono una quinta minore, drammatica e insistente, oltre alla voce campionata, scura e buia, quasi in trance. E lo sciamano denuncia quanto successo a lui e alla sua gente: Siamo dei fantasmi senza voce ormai. Chi ha fatto questo prima o poi pagherà, credi a me. La perdita della propria identità è la spoliazione feroce delle radici più profonde di una persona. E allora lo sciamano, consapevole di quanto successo, esprime la paura di aver perso la dimensione metafisica che lo rendeva speciale: senza amore, senza magia queste mani non curano più.

7. Eterna Transiberiana (6:20)
Il treno è ripartito, quindi riappare il suono che lo rappresenta, il sintetizzatore iniziale che lo evoca onomatopeicamente. Siamo dentro un vagone, il racconto passa a un altro passeggero, un uomo solo che sta guardando fuori dal finestrino, e dà vita al canto più lirico dell’album. Sono le parole di un uomo disilluso dal male di vivere: stanotte, in questa notte, mi affaccio sopra la pianura e il vento è una carezza estranea e fredda come i nostri sogni…

Se la disillusione è cocente, qualunque piccola speranza diventa indispensabile, così l’uomo sembra avvertire l’odore del mare e spera che la fine del suo viaggio sia vicina: annuso un’aria sconosciuta che soffia sopra la mia faccia, e spero di sentirci dentro l’odore familiare delle onde. Perché laggiù azzurro e spalancato, disteso in fondo a quei binari, c’è il mare che cerchiamo tutti. Il mare che ognuno cerca è la speranza del vivere. Di nuovo l’uomo raccoglie dentro di sé le ultime forze per tornare a vivere intensamente: non mi arrendo a questo ghiaccio, sarà il sole questo viaggio, primavera in mezzo ai rami.

È una melodia importante, come nella migliore tradizione del Banco. Il canto, sospeso sul levare insistente della parte centrale, comunica lo stato d’animo del protagonista, combattuto fra una nuova speranza e il ricordo delle cocenti delusioni vissute ma la speranza resta ancora vicina al cuore. È quel mare che incontrerà alla fine del viaggio: accompagnami alla riva, eterna transiberiana. La melodia, cantata in solitudine dalla chitarra elettrica, conclude come una profonda preghiera laica.

8. I ruderi del gulag (6:06)
Tu credi che finisca qua. L’inverno è appena cominciato per noi. In tutto l’album non sai mai se le parole si riferiscono alla storia della Transiberiana o a momenti di contemporaneità. È il gioco della metafora, usato
costantemente. La verità è questa qua: puoi comprare verità e modellarle come vuoi! Le parole si riferiscono al Gulag intravisto lungo la Transiberiana o alla nostra società dei media, in cui la comunicazione cerca quasi sempre
di manipolare il consenso più che di informarci oggettivamente?

Se pensiamo ai media, risulterà assolutamente logico dire: La verità è questa qua. Puoi comprare verità e modellarle come vuoi. Ma il testo può intendere anche all’uso dei Gulag come lavaggio forzato dei cervelli dei dissidenti: ci imprigionano senza gabbie.
L’ipocrisia e l’informazione manipolatrice che altro sono se non gabbie in cui rinchiudere il nostro libero giudizio? E non pensate anche voi che non è più il tempo di guardare come fosse solo un film?
La nostra vita così si ferma: il treno è fermo, accanto al Gulag quaggiù. Il nuovo Gulag dei lavaggi mentali di massa è la manipolazione globalizzata dell’informazione mediatica.

Musicalmente, qua e là, si possono riconoscere espliciti riferimenti a Frank Zappa, soprattutto con l’orchestrazione: ad esempio nel solo “obbligato”, eseguito in duetto da organo Hammond e chitarra elettrica, che parte inatteso mentre sotto c’è il riff in 6/4 e la cadenza degli accordi jazzistici eseguiti dal campionatore coi brass. Un brano sofisticato, da riascoltare più volte.

9. Lasciando alle spalle (1:47)
Il viaggio prosegue e ci stiamo avvicinando alla conclusione. Quando nella nostra vita sono trascorsi molti anni ci viene spontaneo guardarci indietro, vedere con gli occhi della mente ciò che abbiamo lasciato alle spalle… così anche sulla Transiberiana succede lo stesso. Questo è il senso del breve strumentale, che è la reprise di Come nell’Ade, e lascia fluire libero il dialogo, intimo e delicato, tra la celeste e il pianoforte.

10. Il grande bianco (6:33)
Sol-Fa-Sol-Fa-Do-Si-La-Sol-Fa-Sol-Fa-Do-Si-La-Sol-Fa-Sol-Fa-Do-Si-La. Questa cadenza è come un mantra ripetuto nell’aria a ogni fiocco di neve che implacabile scende giù. Fiocco dopo fiocco. È una grande nevicata che accoglie i viaggiatori alla fine del viaggio sulle rive del mare del Giappone.

Simbolicamente è il continuare della vita che, fra i battiti del nostro sangue, prosegue a fluire indipendente dalla nostra volontà. La neve volteggia libera senza meta quando decide di venire giù, coprendo il mondo di un unico democratico mantello bianco, sotto il quale tutto è uguale, protetto, segreto e prezioso.

Musicalmente il tema minimalista iniziale si fonde con la seconda parte melodica, vera e propria citazione da melodramma lirico che, con insospettabile naturalezza, evolve a sua volta in un groove funky che non ti aspetteresti mai dopo un momento pucciniano, da opera lirica. In poco tempo si passa con naturalezza da una prima parte minimalista a una seconda da melodramma a una terza funky. Sembrano accostamenti audaci, eppure è solo il miracolo della visione prog: “cose” teoricamente lontane stilisticamente l’una dall’altra diventano naturalmente contigue, se c’è qualcosa che le lega al di là degli steccati di genere. Qualcuno potrebbe scomodare in questo caso il sentimento “contemplato”, quella libertà espressiva nata dal cuore, che attraversa la mente e si esprime al di fuori di noi come poesia.

È la conclusione musicale della Transiberiana, lasciando al brano successivo il ruolo di fine narrativa e ideale.

11. Oceano: strade di sale (3:39)
È il termine del viaggio: le persone scoprono che sulle rive dell’Oceano nessuno è ancora arrivato alla propria meta… ma a una ripartenza. Il viaggio sta per continuare e percorrerà le strade di sale del mare per scoprire nuove rive ancora. La meta del viaggio è il viaggio stesso… E ora prendo il mare, libero. Strade di sale per ripartire e andare ancora. E ora prendo il mare libero!!!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

You May Also Like