Woodstock 69: il film

Woodstock – Tre giorni di pace, amore e musica (Woodstock) ecco qualche curiosità sul film di Michael Wadleigh

Girato in 16 mm da una troupe di 12 operatori, tra cui David Maysle, ma ricreato in buona parte al montaggio da Martin Scorsese, il film documenta quello che è successo nell’estate del ’69 in quel campo dello stato dell’Iowa. E Woodstock è l’avvenimento e il monumento, un immenso concerto in cui una generazione afferma la sua musica e la sua utopia. Mai al cinema era stata espressa con tanta forza la musica, come spettacolo e comunicazione. Così ci sarà anche un Oscar alla regia per la consacrazione definitiva. Ma il successo c’era stato subito, strepitoso e in tutti i Paesi del mondo.

Le ragioni di tale successo sono tante e più volte ricordate: l’aspetto musicale, con i nomi più grandi del rock di allora; la messa in scena della generazione fine anni 60 (quella del Vietnam, della controcultura e della droga); il linguaggio cinematografico, nuovo e originale, anche se un po’ troppo disponibile al mercato…  Poi c’è il gioco intrecciato, allusivo e ossessivo, tra le rockstar sul palco e il pubblico nel grande prato, verde, mediato spesso dall’uso dello split screen che permette di tenere insieme, visibili e operanti, le due situazioni, in un gioco di impressioni, in un racconto di rapporti tra le due anime del festival.

“Il segno – scrive Gianni Volpi – è quello di un vitale disordine, senza trascurare gli aspetti più dirompenti della manifestazione, quelli hippie tra Lsd e marijuana, quelli di un ritorno a una naturalità da terra promessa, quelli pacifisti, ossia il senso politico di Woodstock, che era appunto quello di un viaggio collettivo… ‘Siamo andati oltre i  muri della negatività’, scriverà Jimi Hendrix, che chiuse il concerto con la famosa versione dell’inno americano, da urlo di bombe sui villaggi vietnamiti”

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