Alter Bridge: prepariamoci a WALK THE SKY

Il 18 ottobre uscirà per Napalm Records, WALK THE SKY, l’ultimo album degli Alter Bridge. Ecco cosa possiamo dirvi…

Le riflessioni che hanno seguito la fine del lungo tour promozionale di THE LAST HERO (non accolto in maniera unanime dalla critica, ma dal quale sono stati estratti gli incredibili LIVE AT THE O2 ARENA + RARITIES e LIVE AT THE ROYAL ALBERT HALL) hanno portato a un mutamento drastico dell’approccio compositivo all’interno degli Alter Bridge

Dopo tanti anni trascorsi insieme, Myles Kennedy e Mike Tremonti hanno compreso che lavorare separati avrebbe potuto rivelarsi produttivo, intanto per evitare che gli impegni solisti divenissero fonte di stress e poi per lasciare emergere liberamente le proprie differenze stilistiche. Ne è uscito fuori un album bilanciato alla perfezione tra la dimensione più heavy del chitarrista, spinta all’eccesso in DUST e A DYING MACHINE, e gli spunti melodici del frontman, sempre più convincente al fianco di Slash.

Una scaletta molto varia e costruita sulle dinamiche che può vantare almeno sei-sette potenziali singoli, ma che risulta ugualmente compatta. Dal punto di vista lirico siamo quasi all’opposto di AB III e ogni ritornello possiede l’epicità degli esordi, soprattutto di BLACKBIRD, ancora oggi considerato dai fan il capolavoro della band.

WALK THE SKY ha però tutto ciò che serve per rappresentare l’apice in carriera; è abile a catturare l’attenzione dell’ascoltatore fin dai primi istanti e a trascinarlo grazie a un impatto ritmico notevole e risvolti armonici da primi della classe.

Non potrà sfruttare l’onda dell’alternative metal come allora ma sembra scritto apposta per porsi in modo trasversale sul mercato, tra le miriadi di uscite che nascondono il rock dietro a produzioni di plastica e la dilagante tendenza al revival anni 70. Le linee vocali sono superbe, alcuni riff sono tra i migliori mai composti da Tremonti e le numerose sfumature dell’album affiorano di ascolto in ascolto. Sarebbe del tutto inutile citare un pezzo piuttosto che un altro, perché siamo al cospetto di un lavoro dal contenuto tecnico e artistico quanto mai elevato e omogeneo. La storia ci insegna che gli americani hanno sempre saputo far crescere il proprio materiale in tour. In questo caso sarà complicato, ma è una sfida che lanciamo con piacere.


Per altre recensioni non perdere il numero 83 di Classic Rock. In edicola e sul nostro store online

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

You May Also Like