Kiss: quando Gene Simmons voleva lasciare il gruppo per Hollywood

È vero, non pensavo più solo al gruppo. Ho sottratto tempo e attenzione ai Kiss”, ammette oggi. “Mi ero arreso a Hollywood, alla cultura pop, all’hair metal, alle mode del momento. Sono colpevole.

A metà del 1983 i Kiss presero la decisione di mostrarsi col proprio volto. Paul Stanley avrebbe voluto farlo già per CREATURES OF THE NIGHT, ma Gene Simmons non ne aveva voluto sapere.

“Come gruppo seguiamo una regola: se uno non vuole fare una cosa, allora non la facciamo”, dice Stanley. “In questo caso per lui era troppo, e così non lo facemmo”. “Dissi: ‘Cosa? Ma è un sacrilegio!’. Voi siete pazzi! Non funzionerà”, rivela il bassista oggi. “Il più deciso era Paul. Bisogna dire che il Paul che va sul palco è molto più vicino al Paul fuori scena, molto più di quanto non lo sia io. Per me è come una catarsi. Lascio liberi i miei demoni interiori”.

L’argomento fu riproposto quando il gruppo registrò LICKIT UP. Simmons rimaneva scettico e lo fu fino all’ultimo minuto. “Avevamo registrato LICKIT UP con una nuova formazione, e il materiale era quello che era”, dice il bassista. “Ci vedemmo col fotografo e facemmo le foto. Dissi: ‘Bene, siamo uguali a tutti gli altri gruppi’. Una delle foto mostrava me con la lingua di fuori – dovevamo pur evidenziare un qualche legame con i Kiss di prima, altrimenti rischiavamo di essere uguali ai Cinderella o ai Britny Fox. E alla fine mi rassegnai e dissi: “Ok, proviamo’”.

Il taglio più melodic rock di LICK IT UP gli permise di diventare il primo disco dei Kiss a vendere 500.000 copie negli USA dai tempi di UNMASKED. “Quando CREATURES OF THE NIGHT fallì, arrivò LICK IT UP e funzionò”, confessa Simmons. “Diventò un disco di successo, e le sale si riempirono. Senza il trucco”. I Kiss erano di nuovo in pista. O almeno, alcuni di loro.

Se nella prima metà degli anni 80 il tema era i Kiss contro il mondo intero, la seconda metà avrebbe visto i Kiss contro i Kiss. Quando iniziarono a lavorare su ANIMALIZE del 1984, i tempi stavano cambiando. Anche se la visione del mondo dei Kiss aveva iniziato ad accordarsi con quella dei programmatori di MTV, PYROMANIA dei Def  Leppard con la produzione di Mutt Lange aveva alzato il livello e indicato come poteva – e doveva –suonare un disco rock.

Altrove, una nuova generazione di gruppi stavano mordicchiando i garretti dei Kiss, e tra loro spiccava una band dai capelli cotonatissimi, Bon Jovi.

I Kiss avevano un nuovo chitarrista per stare al passo con i tempi: Mark St John – nato come Mark Norton – era un aspirante guitar hero californiano che il gruppo scelse dopo una serie di audizioni. Per stare al passo con i tempi, aveva uno stile molto sgargiante, più in linea con Yngwie Malmsteen che con Ace Frehley.

“Io vengo dalla vecchia scuola”, dice Stanley, “e gli anni 80 erano pieni di tizi che facevano cose strane, fraseggi classicheggianti, giocavano con la barra del tremolo, e per quel che mi riguarda quelle non erano più nemmeno chitarre. Ma ormai era una cosa che dovevi tenere presente in un gruppo. Il vero problema era un altro. Avevamo trovato un nuovo chitarrista. Però il bassista era disperso”.

A distanza di oltre 30 anni,Gene Simmons ammette senza problemi che a metà anni 80 non pensava più solo ai Kiss.“Iniziai a ricevere offerte dal cinema”, dice scrollando le spalle.“E non sono il tipo di persona che si contenta di fare solo una cosa”.

La carriera da attore di Simmons fu curiosa – e fallimentare. Nel 1984 impersonò uno scienziato malvagio opposto a Tom Selleck nel film sci-fi Runaway. Lo stesso anno apparve in un episodio di Miami Vice nei panni di un pappone (molto elegante, va detto). Negli anni successivi, fu un dj radio nel film horror pseudo splatter Trick or Treate poi si calò nei panni di Velvet Von Ragnar, un travestito super-criminale, nel thriller Never Too Young to Die, distribuito direttamente in Vhs e talmente trash da essere semplicemente imperdibile.

“È vero, non pensavo più solo al gruppo. Ho sottratto tempo e attenzione ai Kiss”, ammette oggi. “Mi ero arreso a Hollywood, alla cultura pop, all’hair metal, alle mode del momento. Sono colpevole”. 

Tratto da Classic Rock #81.

 

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Dave Everley

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