8 dicembre 1943: nasce il più grande rocker americano di sempre!

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Avrebbe oggi 76 anni Jim Morrison, forse la più grande rock star americana di sempre: lo celebriamo ricordando il periodo di “Soft Parade”.

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Il 4 dicembre 1968 i Doors parteciparono al programma tv USA The Smothers Brothers Comedy Hour, eseguendo in studio assieme all’orchestra Wild Child, e il sassofonista tenore Curtis Amy (che aveva suonato nel disco) strabiliò tutti con Touch Me.

Per celebrare questo evento – e la pubblicazione di Touch Me (che schizzò al n. 3 della hot 100 di «Billboard»e al n. 1 nell’equivalente Cashbox), la Elektra Records organizzò una campagna promozionale con l’immagine di una ragazza che si toccava le mani. “La notte scorsa, mentre 30 milioni vedevano Bonanza, altri 27,1 milioni si sono sintonizzati su Smothers Brothers e hanno ascoltato i Doors eseguire il loro prossimo singolo… unisciti a loro. Sarai più ricca per quest’esperienza’.

Sicuramente, la Elektra lo era. Il 14 dicembre, poi, il gruppo suonò all’LA Forum di Inglewood con un sestetto di archi, una sezione fiati e 32 amplificatori. “Buon concerto”, ricorda Krieger, “ma molto difficile da ripetere. Facemmo una cosa simile, anche se in una scala minore, al Madison Square Garden nel gennaio del ’69”.

 

Prima del concerto al Forum, Morrison era quasi spaventato del futuro che vedeva davanti a sé. Lui era The Doors, e lo era 24 ore al giorno, sette giorni su sette, senza via di scampo.

Gli altri dopo il lavoro se ne andavano e godevano di vite relativamente normali. “Non so cosa succederà”, disse il cantante. “Immagino che continueremo per un altro poco. E poi ci riprenderemo le nostre vite. Forse dovremmo allontanarci da questo mondo. Magari trasferirci su un’isola, soltanto noi, e ricominciare a creare cose”. Paul Rothchild, vittima della dipendenza da cocaina e di un ego spropositato, godeva nel maltrattare il gruppo. Quando però Morrison tornò, proprio quando il nuovo singolo Wishful Sinful arrancava, il produttore accolse con gioia due nuovi brani pop leggeri, divertenti, senza orchestra, e incisivi: la chiamata alle armi molto rivoluzionaria DoIt e Easy Ride, una folle canzone d’amore allo scatenato ritmo di polka che alludeva alla passione di Pam per gli oppiacei. Entrambe erano state scritte molto rapidamente nella loro casa all’8021 di Rothdell Trail, dove passavano il tempo seduti in balcone a osservare gli hippie che vagavano per quella che avevano battezzato Love Street.

C’era anche il momento country Runnin’ Blue (pubblicato come singolo dopo l’uscita dell’Lp, fu un flop) arricchito da due stelle del bluegrass, il virginiano Jesse McReynolds (alias Mandolin Man) e Jim Buchanan, entrambi virtuosi del violino. Ma laddove i Flying Burrito Brothers erano riusciti a ibridare country e rock in un ‘cosmic country ’rivolto a tutti, i Doors fallirono alla grande. Il brano era introdotto da un altro “prestito” da Lead Belly, Po’ Howard, con Jim che adattò il testo in ‘Poor Otis, dead and gone, left me here to sing his song / Pretty little girl witht he red dress on, poor Otis, dead and gone’.

Nel bridge si citava Dock Of The Bay, una furbesca strizzata d’occhio alla leggenda del soul Otis Redding, che era morto da poco. Morrison aveva già usato questo riff vocale dal vivo, al Winterland di San Francisco nel’67. Redding doveva fare da supporto per i Doors a Frisco, ma non ce la fece.

Ormai lanciatissimo, Morrison si avvicinò alla lavagna in studio, spazio aperto alle elucubrazioni di ognuno, e scrisse: “I think I know the reasin but I can’t spell it”, [Reasin era un termine gergale per marijuana,ndr]. Il 25 febbraio Morrison presentò agli altri un testo molto cupo intitolato Rock Is Dead. Il gruppo andò a pranzo con Bruce Botnick, ma senza Rothchild, e in quell’occasione al poema di Jim fu data una struttura musicale. Il testo suscitò molte perplessità, specialmente in passaggi come ‘As long as I got breath, the death of rock is the death of me. And rock is dead. Well we’re dead… Rock is dead’.

Forse non è una sorpresa che il brano rimase nei cassetti per anni, anche se affiorò su alcuni bootleg, e ora finalmente fa il suo debutto ufficiale nel nuovo boxset. Diciamocelo, non è una passeggiata.

 

Sulla scia di questo attivismo, Jim riprese a bere come una spugna. Oltretutto era estremamente su di giri dopo aver visto per cinque sere di seguito la troupe del Living Theatre al Bovard Auditorium, USC: il loro stile scenico – nudo, caos e discorsi sediziosi – affascinò il travagliato cantante, che da parte sua dichiarò: “Quando ho detto che ero interessato ad attività che non avessero senso, ero ironico. E invece pare pensino che io sia pazzo”.

Concentriamoci un attimo sul “pazzo”, perché il 1° marzo, al Dinner Key Auditorium, Jim tramutò la sua esperienza col Living Theatre in un suicidio rock’n’roll: quel giorno fu denunciato per essersi denudato (in realtà non lo fece) e arrestato per atti osceni in luogo pubblico, turpiloquio e ubriachezza molesta. E anche per essersi masturbato in pubblico. Visti i suoi precedenti, c’era l’alta possibilità che passasse almeno due anni in uno dei peggiori carceri di massima sicurezza della Florida. Morrison era terrorizzato a morte. Chi non lo sarebbe stato?

Quest’incidente – ‘Miami’ – gettò la lavorazione al nuovo disco nel caos. Guardando il bicchiere mezzo pieno, Miami spinse un ispirato e assolutamente non pentito Morrison ad aggiungere le sue ultime canzoni al disco.

Per la foto, l’Elektra fu presa dal panico. Anziché una foto contemporanea del gruppo, visto che Morrison era barbuto, ingrassato e ancora stravolto dall’incidente Miami, ne fu riesumata una fatta due anni prima da Joel Brodsky, un grandangolo con il gruppo attorno al tripode della sua fotocamera. Dentro c’era un dipinto surreale del gruppo, opera di Peter Schaumann.

La retrocopertina dava i dati e presentava la versione argentata e metallizzata del logo dei gruppo. Il disco fu pubblicato il 18 luglio 1969, accolto da recensioni contrastanti. Alcune buone, altre pessime.

Krieger ricorda che “alcune erano così cattive che ho cercato di dimenticarle. Una volta che hai definito un sound e lo cambi, la gente ti odia. Ma non abbiamo mai permesso che questo ci limitasse. Mai e poi mai abbiamo eseguito una canzone nello stesso identico modo, volta dopo volta”. Il nuovo THE SOFT PARADE: 50TH ANNIVERSARY DELUXE EDITION include i brani più significativi con un arrangiamento senza l’orchestra, per un confronto. “Amo entrambe le versioni”, afferma Robby. “E credo che il disco sia all’altezza di tutti gli altri che abbiamo fatto”.

Robby, lasciamo l’ultima parola a Jim?

“‘Questo è il viaggio, la parte migliore’…Bello eh? Sono fiero di averne fatto parte”. Prossima fermata per i Doors, MORRISON HOTEL. Prenotate la stanza, e fate il vostro gioco. Sarà un’altra cavalcata.

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