INTERVISTA: Orietta Berti racconta il suo periodo d’oro

Faccia a faccia con un’icona della musica leggera italiana: Orietta Berti, cantante e volto televisivo di successo.

Tu che hai costruito l’intera carriera sulle competizioni canore, ne hai vinte poche. Come te lo spieghi?

Sono sempre arrivata in finale, però. L’importante era quello, l’importante era vendere dischi e arrivare in finale; noi eravamo degli oggetti che dovevano vendere. Le Canzonissime, ad esempio: ero sempre in finalissima, sempre la “prima” delle donne e nelle vendite. Ho venduto circa 15 milioni di dischi. Pensa che quando abbiamo fatto il cofanetto con la Polydor c’era un signore che a quei tempi lavorava nella stamperia ed è venuto alla conferenza stampa per salutarmi e dirmi che loro per nove mesi hanno stampato Fin che la barca va in più di 4 milioni di 45 giri. Mi ricordo che se uno vendeva, non so, mezzo milione di copie dicevano: “Be’, insomma, è un successo normale…”. Se non vendevi un milione, un milione e mezzo, non lo si poteva considerare un gran successo… E adesso hai voglia a poter vendere..

Parliamo ancora delle competizioni. Nel ’66 partecipi per la prima volta a Sanremo in coppia con una cantante che ha sempre mostrato una sorta di amore-odio nei tuoi confronti, Ornella Vanoni.

Sì, infatti non volle fare le foto con me! Di solito a Sanremo le coppie facevano le foto. Ma con me no, perché diceva che io ero troppo colorata (ride). Ma sai, in quel periodo andavano di moda proprio i fiori, i grandi colori, insomma, l’arcobaleno; io mi ricordo avevo un vestitino giallo, con un ricamo qua davanti, i capelli erano castano-rossi. E lei ha detto: “No, no, è troppo colorata”, ma forse era una scusa perché non voleva farsi le foto con me. Ah ah ah!

Un’altra cantante che non è mai stata tenera nei tuoi confronti è Patty Pravo; questo secondo te accadeva perché si sentiva molto diversa dal tuo modo di essere, o per una forma accentuata di snobismo?

No, ma guarda che per Patty… non è vero… perché noi ci parlavamo, anzi lei parlava solo con me, specialmente quando veniva a Canzonissima. E diceva sempre (imitandola, ride): “Stai lontana perché c’ho il cimurro…”. Aveva sempre il raffreddore… Per forza, era sempre mezza nuda… (ride)

Continuiamo con un altro nome: Mina. Che tipo di rapporti hai avuto con lei?

Be’, l’avevo vista in quelle manifestazioni tipo Canzonissima, Studio Uno. Una volta in una Senza Rete (sempre di Giorgio Calabrese) eravamo nella stessa puntata. Io cantavo L’altalena, lei Non credere, una bellissima canzone di Soffici. Una signora insomma, sempre molto gentile e amichevole.

Parlando fuori dai denti: le più antipatiche e quelle con le quali ti sei trovata sempre bene, sempre parlando di colleghe…

Ma guarda, io non avevo neanche il tempo di guardarle in faccia, non c’era mica il tempo! Perché tu eri preoccupato a cantare la tua canzone e poi andartene perché magari la sera c’era un posto lontano 100 km da lì dove andare a cantare. Delle volte succedeva che in trasmissioni come Canzonissima, quando era il turno di un altro, si dicesse: “È una canzone forte”. Ma si alludeva al personaggio che magari era curato meglio di te dalla sua casa discografica. Nella mia, ho sempre avuto a che fare con delle persone straniere, che il più delle volte odiavano il metodo di lavoro italiano. Erano tedeschi, francesi, belgi… Loro odiavano questo modo di lavorare che avevamo in Italia; tu lo sai meglio di me che una volta nelle redazioni dei giornali arrivavano dei regali… una bella fuoriserie e così via… E per forza questi avevano l’obbligo di parlare bene di certi cantanti in manifestazioni dove c’era il voto del pubblico. Anche perché in una maniera o nell’altra dovevano anche sdebitarsi del dono che avevano ricevuto… Loro invece, neanche un caffè pagavano! Non erano gentili con nessuno. Osservavano questo modo di lavorare delle altre case discografiche e lo chiamavano esplicitamente “corrotto”. E dicevano: “Questo metodo italiano a noi non piace…”. Non che avessero torto!

L’intervista intera a Orietta Berti la trovi all’interno di Vinile 24, in edicola e in digitale.

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