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Lino Vairetti, gli Osanna e il Giappone

In un'intervista esclusiva sull'ultimo numero di «Vinile», Lino Vairetti racconta dell'evoluzione degli Osanna, del prog e del Giappone. 

Vi siete sciolti e rimessi insieme più di una volta, voi degli Osanna. Quando, come e perché?

Nella prima formazione il problema grosso è stata la droga, che, entrata nel gruppo, creò disastri anche dal punto di vista dell’amicizia, rovinò il clima che c’era. In particolare ci fu il dramma di Danilo, che era un genio, di una bravura incredibile. Abbandonò la moglie, scappò in America per i debiti accumulati per la droga. Noi eravamo quasi fratelli, i creativi del gruppo: Elio era lo showman, il grande fantastico intrattenitore. Disciolta la nostra coppia, è crollato tutto. Ci sentivamo continuamente, ci inviavamo cassette, volevamo riprendere gli Osanna ma la paura durò vent’anni, dal 79 al 99, quando, il 14 luglio, tornammo sul palco con i Jethro Tull e la PFM. Nel 2001, l’album TAKA BOOM.

Avete avuto spesso apporti di altri musicisti, collaborazioni prestigiose: Joe Satriani, David Cross, David Jackson. E naturalmente Gianni Leone.

Nel riprendere il gruppo, quindi parliamo del 1999, ci furono molti problemi economici. Vendetti un appartamento e investii tutto sul gruppo, soldi mai rientrati ma che non rimpiango. Le case discografiche non volevano produrci nuovi dischi, dato che vendevano ancora bene i vecchi, quindi dovetti fare io un’etichetta. Non è stato facile nemmeno trovare una formazione giusta, che poi è quella attuale ed è l’unica che mi soddisfa come quella degli anni 70: io, voce, armonica a bocca, chitarra acustica, tastiera; Pasquale Capobianco, chitarra acustica; Sasà Priore, pianoforte; Nello D’Anna, basso; Gennaro Barba, batteria; Irvin Luca Vairetti (mio figlio), sintetizzatore; David Jackson, flauto e sassofono. La nostra musica era identificata col sax di Elio, adesso non abbiamo un sassofono. David Jackson mi venne in mente perché lo stimavo molto, gli mandai la musica, gli piacque, venne qui e diventò un membro aggiunto della nostra prog family. Gianni Leone, che non vedevo da vent’anni, è tornato a essere spesso con noi ed è una persona a cui voglio un bene enorme, senza dimenticare il piccolo particolare che credo sia una delle poche grandi star del rock a livello mondiale. La vecchia formazione si era spinta al massimo, e una sola volta, a Lugano. Con questa nuova formazione, visti gli apporti di Jackson e Leone, siamo stati invitati subito in Giappone, dove poi siamo tornati per il ventennale di Milano calibro 9 e a Tokio abbiamo registrato il live. Si è insomma aperta, dopo il 2009, tutta una nuova storia a livello internazionale. L’ultima volta sono venuti con noi anche Corrado Rustici e Jenny Sorrenti. Ora andremo in Giappone con l’orchestra a rappresentare il prog italiano, per cui ci saranno Vittorio De Scalzi, Aldo Tagliapietra delle Orme e Bernardo Lanzetta della PFM. E andremo anche in Cina, con il progetto Bacalov, che riguarda i tre dischi che lui fece nel 71 (con i New Trolls CONCERTO GROSSO), 72 (con gli Osanna la colonna sonora di Milano calibro 9) e 73 (CONTAMINAZIONE col Rovescio della Medaglia). Quindi in Cina ci sarà anche Il Rovescio della Medaglia di cui Enzo Vita, il chitarrista, è l’unico elemento storico rimasto.

Perché in Giappone, e direi anche in Corea, il prog piace tanto? I vecchi vinili hanno raggiunto da tempo quotazioni pazzesche e voi come altri gruppi siete acclamati come forse soltanto in Messico e in Brasile. Che hanno di speciale questi luoghi, o meglio, da dove secondo te nasce l’asse percettivo tra questi popoli e il prog?

In Asia amano la cultura dell’Occidente. Parte tutto dalla musica classica, che a loro mancava e che studiano, frequentando anche i conservatori europei. Le case discografiche giapponesi, su licenza delle nostrane, hanno pubblicato e divulgato tutti i nostri dischi decenni dopo, quando noi qui già compravamo i CD, dunque negli anni 80 e 90. Per le Americhe il discorso è diverso. Negli Stati Uniti c’era già una grande produzione, ma lì è difficile entrare, invece nei Paesi più poveri hanno ricevuto il messaggio del prog come qualcosa di molto innovativo.

L'intervista integrale è disponibile sul numero 24 di «Vinile», in edicola o sul nostro store online.
Susanna Schimperna

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