I retroscena e le leggende del rock'n'roll
Victor ha trentadue anni quando, finalmente, assapora la gioia di avere un figlio maschio. La guerra è finita e il 1948 è un buon anno per immaginare la vita che questo bambino potrà avere nello stato di New York. Steven Victor sarà, infatti, un ragazzino felice e pieno di vita. Dal papà, che è un pianista professionista, eredita non solo il nome, ma anche la passione per la musica. Non ha, però, una bella voce e ogni tentativo di inserirsi nel coro scolastico fallisce miseramente.
A scuola se la cava, ma l’aria sta cambiando, l’America annusa una nuova stagione e la musica che fa da colonna sonora a questa transizione è lontana dallo swing e dal jazz che Victor suona ogni sera nei club della città. Elvis ha cambiato tutto. Steven è in piena pubertà quando i Beatles entrano, per la prima volta, nella sua vita e non cantare nel coro della scuola non ė più così importante: ormai, canta in una band tutta sua. Steven adora stare sul palco, a dispetto di tutte le critiche che gli amici fanno alla sua voce stridula e al suo look poco rock’n roll, ma, soprattutto, se ne frega se le ragazze che conosce lo snobbano sempre, prendendolo in giro per le orecchie a sventola e la bocca sproporzionata, perché sta iniziando a capire dove vuole arrivare e un giorno, tutta questa sfiga, sarà un lontano ricordo.
Finita la scuola, a diciassette anni, decide di seguire alcuni amici che hanno affittato un appartamento a New York, al Greenwich Village: beve, fuma, rubacchia in giro, si fa arrestare ed esce, finalmente, dal quadro del bravo ragazzo che suo padre e le circostanze gli avevano dipinto intorno. In una serata organizzata da amici, si esibisce e, per la prima volta, il pubblico, o almeno quelle venti persone sballate che circondavano la sua band, sembra prenderlo sul serio. Tutti tranne uno, un giovane uomo dall’aria scocciata che gli si avvicina e, senza pensarci troppo, gli dice : “Sei patetico. Hai la faccia da scimmia e la voce impossibile. Sembri il figlio illegittimo di quei drogati inglesi che ho visto ieri all’Academy. Cercati un lavoro piuttosto!”
Steven, che in fin dei conti, ha solo diciassette anni, incassa il colpo e trattiene a stento le lacrime. Poi, però, gli viene in soccorso l’immagine di suo padre, uno che aveva persino attraversato l’oceano e una guerra grazie all’amore per la musica. “Non smetterò di crederci per colpa di qualche stronzo”, dice a se stesso, ed è in quel momento che il destino decide di intervenire e lo fa con estrema ironia. Il suo amico Paul, il chitarrista del gruppo, gli si avvicina e, per tirarlo su di morale, lo invita ad andare al secondo concerto dei Rolling Stones alla Music Academy. Quando Steven li vede e li sente suonare, capisce che si tratta di tutto ciò che vuole nella vita. A fine concerto, insieme ai suoi amici, segue gli Stones fino al loro albergo e resta nei paraggi per ore, aspettando di poter vedere Jagger e gli altri da vicino e, magari, di farsi firmare un autografo. Ma quando Jagger e Richards vedono Steven, hanno una specie di soprassalto, quasi stessero vedendo davvero un ibrido nato dal mash up delle loro facce..
“Cazzo, hai le mie orecchie e la bocca di Mick!”, gli dice Richards, ridendo e con la tipica voce di chi non sai se ha più bevuto o fumato. Jagger, invece, lo guarda dritto negli occhi e, mentre uno degli amici di Steven scatta una foto per immortalare il momento, gli sorride. “Come ti chiami? Così ti firmo il biglietto”. “Steven Tyler”, risponde Steven con un filo di voce. “Be’, Steven” gli dice Jagger, restituendogli il biglietto e il giusto corso del suo destino, “se sei la nostra mela, non cadrai lontano dall’albero”.