PROGPOP: cos’è questa strana parola? Ce lo spiega Thomas Lang

Thomas Lang ha una capacità musicale assoluta. Il suo ultimo album ha un titolo stimolante, ma allo stesso tempo inquietante: PROGPOP.

Thomas Lang, nato a Stockerau (Austria) il 5 agosto 1967, da tempo risiede a Los Angeles. La lista degli artisti con cui ha suonato è davvero sterminata, senza aver mai perso lo spirito di chi vive per il proprio strumento. D’altronde è una persona capace e pratica, che si può ormai permettere di suonare per chi vuole... e molti dei grandi del pop italiano se lo contendono a colpi di parecchie migliaia di euro. 

L’esperienza al conservatorio, come ti ha aiutato nel tuo lavoro?

Ho studiato al Conservatorio di Vienna, ricco di bravi insegnanti, che è un po’ La Mecca della musica classica. Io ero lo studente più giovane, andavo ancora al liceo, mentre gli altri avevano terminato le scuole. Così ho avuto l’opportunità di conoscere tante persone che già si esibivano nei club ed entrare prestissimo nella scena jazz e fusion della mia città. Ogni weekend suonavo in giro per i locali austriaci. Facevo parte di trii, quartetti, sestetti, settetti, big band. Questo mi aiutò ad “aprire la mente”. Vorrei citare chi mi ha dato tanto: il mio primo maestro, un grande percussionista dell’orchestra sinfonica di Vienna, che mi indirizzò sulla giusta via. Avevo quattro anni e le prime lezioni private con lui furono incentrate sulle regole basilari per rendere al meglio. Quando andai al Conservatorio possedevo una tecnica notevole, superiore a quasi tutti gli altri studenti. Nonostante fossi giovane avevo già sviluppato un “mio stile”: sapevo come e cosa volevo raggiungere

Con quale musica sei cresciuto, al di fuori dell'esperienza al Conservatorio?

A casa ascoltavamo musica classica, in più mio padre adorava l’opera. Da noi il rock era “fuorilegge”, così quando iniziai lo studio della batteria ero interessato a qualunque musica ce l’avesse dentro! Il mio insegnante mi portava i dischi che aveva amato da piccolo, per aiutare la mia ispirazione... Sandy Nelson, Buddy Rich, Jim Cooper, Max Roach, soprattutto Lp di big band. Mi esercitavo sui classici rock ma anche su Frank Sinatra. Il primo album che comprai fu THE DARK SIDE OF THE MOON dei Pink Floyd, che definì meglio il mio gusto. Il progressive rock era ricco di ciò che più amavo. Subito dopo acquistai THE WALL, poi REGATTA DE BLANC dei Police, OUTLANDOS D’AMOUR e i successivi lavori di Stewart Copeland, Sting e Andy Summers. Poi fu la volta di SPECTRUM (Billy Cobhan) e capii che in quel momento avevo tutti gli elementi chiari in testa... potevo capire ciò che realmente volevo e mi piaceva nella musica, il tono che “cercavo” nella batteria. Amo Frank Zappa, perché in lui coesistono reggae, punk, rock, jazz, country, persino nello stesso brano. Zappa è “progressivo” anche per questo atteggiamento. Amo ascoltare ogni tipo di musica, ma voglio suonare quella che abbia “sfide” tecniche importanti, come i brani dei Pink Floyd, dei Genesis, degli Yes, dei King Crimson, gli UKEmerson Lake and PalmerDeep Purple, Led Zeppelin.

PROGPOP è un titolo significativo per chi, come te, ha suonato in entrambi i campi…

È un album prog che ha il volto della musica pop. Io amo il crossover dei gruppi inglesi Seventies, dove i brani sono in forma apparentemente pop (incisi, riff e testi), ma in realtà hanno elementi prog all’interno. Io sono cresciuto ascoltando la musica degli anni 70 e ho iniziato a lavorare negli 80, quindi ne sono contaminato, amo Rush, Genesis, Pink Floyd e Police, ma anche i classici pop degli anni 80; ho voluto cercare di creare un lavoro che combinasse le due strade, da qui il titolo. Intendevo realizzare l’opera di un batterista, ma che non fosse il “tipico prodotto strumentale per addetti ai lavori”: composizioni semplici all’ascolto, in grado di piacere anche alle compagni/e dei musicisti/e vere canzoni e non decorazioni per le parti complicate di batteria. Ho cercato di avere un suono anni 80, eseguendo le parti completamente live. Al primo ascolto devono sembrare “comprensibili” come una squalsiasi proposta pop, ovviamente quando presti attenzione alle parti di batteria ti accorgi che sono estremamente complesse; così si capisce che c’è profondo lavoro di composizione, incrocio tra la scrittura intellettuale di alcune parti e in contrasto con il “drumming solo”, completamente libero e improvvisato. Ho voluto inserire sezioni solistiche, unisoni, “sfide tecniche”: ci sono brani 13/8, 17/8 o 9/8 che possono sembrare in 4/4. È un Cd “eclettico”, dove trovi elementi fusion (Gold Digger), progressive (I Don’t Know You Anymore o Repet), pop (High), estremamente concettuali (Time), oltre a influenze jazz, metal, rock, funk. A PROGPOP partecipano Leah Woodward, Marc Bonilla, Freddie Nelson, Jeremy Barnes, Alex Machacek, Milan Polak, Francesco DiCosmo, Ginny Luke, Ed Poole, Wojtek Pilichowski, Kevin Chown, Tobias Mertens.

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