Clash e impegno politico: il punk militante

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Se il punk è la musica della rivoluzione, i Clash ne sono i portavoce. Da White Riot a Rock in the Casbah, i loro brani spingono a rovesciare lo status quo, in nome di ideali più alti.

Teppisti vestiti di giacche in pelle, con borchie e catene. Questa è l'immagine che molto spesso, ancora oggi, viene in mente alla parola "punk". Ma la subcultura punk fu molto più di tutto ciò: fu andare controcorrente, provocare e mettere in dubbio lo status quo.

Se, da un lato, i Sex Pistols tracciarono la linea nichilista del movimento (ve ne abbiamo parlato qui), dall'altra i Clash si distinsero per il loro impegno politico, per i testi in cui si auspicava un cambiamento reale del mondo. 

White riot, I want to riot
White riot, a riot of our own
Black man gotta lotta problems
But they don't mind throwing a brick
White people go to school
Where they teach you how to be thick
White Riot fu il primo singolo dei Clash, pubblicato nel 1977 e successivamente inserito nel loro primo album, THE CLASH. Anche se con il passare del tempo Mick Jones la suonò sempre meno di frequente dal vivo, come esordio fu esplosivo. Il brano denuncia infatti le differenze economiche e razziali, e sprona i ragazzi bianchi a scendere in piazza e prendere una posizione netta contro di esse. 

Il loro terzo album, LONDON CALLING (scopri qua come è nata la copertina), con il quale i Clash raggiunsero la maturità musicale, conferma questa tendenza all'impegno politico e sociale. Ne è un esempio anche solo il nome scelto, che cita una frase pronunciata in radio dallo speaker Edward R. Murrow durante la Seconda Guerra Mondiale: "London calling: war is declared and battle come down". La guerra è decisa e comincia la battaglia. Scegliendo tale riferimento per inaugurare il loro terzo album, i Clash sembrano avvisarci: i tempi che ci aspettano non sono semplici, e bisognerà combattere. 

Sono molti i brani di LONDON CALLING e degli album successivi che testimoniano la vena militante dei Clash. Come Spanish Bomb, che ricorda la guerra civile spagnola, o Rock the Casbah (appartenente al quinto album della band), che denuncia il divieto all'epoca appena entrato in vigore in Iran di suonare musica rock. 

Insomma, quando c'era da battersi per una giusta causa, i Clash non si tiravano certo indietro; con le loro critiche implacabili colpivano la monarchia, la borghesia inglese e il sistema capitalistico. Il loro impegno non si limitò soltanto ai contenuti dei loro pezzi: è noto, tra le altre cose, il loro supporto a diversi movimenti marxisti dell'America Latina (tra cui quello Sandista). 

Infine, ricordiamo la loro partecipazione a un concerto di Rock Against Racism, una campagna musicale messa in piedi per rispondere ad alcuni commenti razzisti da parte di musicisti assai noti. Chi, meglio dei Clash, poteva suonare durante un concerto a favore dell'uguaglianza?

Insomma, se ancora oggi ascoltando un brano dei Clash non possiamo fare a meno di emozionarci non è solo per l'enorme contributo musicale che diedero al punk-rock, ma anche perché le loro parole ci ricordano che c'è sempre qualcosa per cui lottare, ogni giorno. Ci ricordano che il futuro che ci aspetta non sarà certo semplice, ma che non per questo possiamo esimerci dal cercare di migliorarlo. London Calling...

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