Quando Bruce Springsteen fece irruzione nella villa di Elvis

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Bruce Springsteen non ne ha mai fatto mistero: uno dei suoi più grandi eroi è Elvis Presley. Così, nel 1976, come il fan più sfegatato, ha provato a irrompere nella sua villa. Com'è finita?

Non è facile immaginarsi il Boss nei panni di un semplice fan. Di sicuro, non riusciamo ad immaginarlo mentre fa irruzione nella casa di uno dei suoi idoli. Eppure è andata proprio così. Nel 1976, Springsteen ha appena pubblicato BORN TO RUN. Sulla famosissima copertina del disco, in cui compare insieme all'amico Clarence Clemons, il Boss indossa una spilla che passa quasi inosservata. 

La spilla rappresenta The King e recita: "Elvis The King. Fan Club of N.Y.C" (Elvis, il re. Fan club di New York City). Indossando questa spilla in occasione del suo maggiore successo commerciale, Bruce Springsteen sembra voler omaggiare Elvis, del quale si sente musicalmente debitore.

In fondo, era rimasto colpito da lui fin dalla prima volta che lo aveva visto. Era il 1956, Springsteen aveva sette anni e stava guardando la TV. Elvis si esibiva all'Ed Sullivan Show, e il giovane Bruce ne rimase completamente folgorato. Da quel giorno era diventato un fan del Re del rock n' roll. 

Nessuno di noi, se avesse la possibilità di incontrare il suo idolo, la persona che segue da quando era bambino, se la lascerebbe sfuggire. Neppure Bruce Springsteen. Per lui, tale occasione arrivò nell'aprile del 1976, mentre era in tour per promuovere proprio BORN TO RUN, l'album della spilla di Elvis. 

Il 29 aprile, alle 3 di mattina, il Boss aveva appena terminato un concerto a Memphis, Tennessee, e con l'amico e collega Steven Van Zandt decise di prendere un taxi per andare in un locale. Fu proprio il tassista a consigliargli un bar che si trovava vicino a Graceland, la villa che Elvis Presley aveva acquistato nel 1957 con un acconto di ben 1000 dollari. L'uomo ancora non sapeva di parlare con uno dei più grandi fan di The King del mondo.

Ovviamente, Springsteen non ci pensò neanche un attimo. Si fece accompagnare a Graceland e, seguito da Van Zandt, alle 3:30 di mattina, scavalcò la siepe. Voleva trovarsi faccia a faccia con il suo eroe. Bruce Springsteen in persona ha più volte raccontato com'è andata a finire (come nel video qui sotto): 

Comunque, a quel tempo, ero pieno dell’entusiasmo della giovinezza e corsi su per il vialetto, arrivai alla porta principale e stavo per bussare, ma le guardia uscì dai cespugli e mi chiese se poteva aiutarmi. E io dissi di si: “Elvis è a casa?” Quindi rispose: “No, no, Elvis non è in casa, è nel lago Tahoe”. Così, ho iniziato a spiegargli che ero un chitarrista e che avevo la mia band, e che abbiamo suonato in città quella sera, e che ho fatto alcuni dischi. E gli ho anche detto che avevano pubblicato la copertina di Time and Newsweek con la mia foto sopra. Ho dovuto fare di tutto per provare a fargli un’impressione, sai. Non credo che mi abbia creduto o forse ancora non mi conosceva. Per un po' è rimasto lì annuendomi e poi mi ha preso per un braccio e mi ha riportato in strada con Steve.

Insomma, si trattò di un incontro mancato con il suo idolo. Putroppo, Elvis Presley si spense pochi mesi dopo, nell'agosto del '77. Bruce Springsteen, nel 2012, lo ha ricordato così: 

All’inizio, ogni musicista vive il suo momento di genesi. Per voi potrebbero essere stati i Sex Pistols, o Madonna, o i Public Enemy. Qualunque cosa vi abbia fornito la spinta iniziale per l’azione. Per me è stato il 1956, Elvis e l’Ed Sullivan Show. Fu la sera in cui capii che anche un bianco poteva creare qualcosa di magico.

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