Nel settembre 1982 usciva l’album più spettrale di Bruce Springsteen, quello che richiese l’assenza della E Street Band e i pensieri più intimi del Boss.
Pensieri intimi anche sulla vita sociale americana, straziata e prostrata dalla guerra del Vietnam, di cui ora raccoglieva i reduci, ma anche da episodi di cronaca nera che Springsteen non riusciva a ignorare. Pensiamo alla traccia Highway Patrolman, da cui Sean Penn trasse un film, che narra di uno sceriffo diviso tra il fare il suo dovere e l'aiutare il fratello reduce dalla guerra del Vietnam, mentre affronta qualche problema con la legge.
NEBRASKA è stato sempre definito un album cupo, e a ragione. Prima di tutto manca la E Street Band, troppo gioiosamente “chiassosa” per creare il giusto sound che Bruce aveva in mente. Questo comportò una struttura musicale scarna, composta principalmente da voce, chitarra acustica, armonica. Pensiamo anche alla stessa Nebraska, che si basa sulla cronaca di due fidanzati che nel 1958 compirono 11 omicidi nell'arco di 8 giorni.
Un altro elemento che creò NEBRASKA fu il periodo di depressione vissuto da Bruce Springsteen: il rapporto con il padre lo aveva sempre afflitto profondamente, fino a portarlo alla fine degli anni 70 a guidare fino alla casa del padre, di notte, per rimanere lì fermo, seduto in macchina nel buio. Alla fine, arrivò a farlo anche tre o quattro volte a settimana, e decise così di vedere un terapista nel 1982.
Lui gli spiegò che questo suo atteggiamento di ossessivo ritorno era dato dal bisogno di cambiare qualcosa di complicato nel suo passato. Ma non poteva.
NEBRASKA è quindi molto di più di una denuncia sociale, è un album estremamente intimo. E in quel momento, l'animo di Bruce non poteva replicare il fortunatissimo THE RIVER, era già lontano da BORN TO RUN e dai primissimi album come GREETINGS FROM ASBURY PARK.
Era il momento di dare voce a un sentimento nuovo, solitario e segreto.