Da Bonzo a Beast: da dove vengono i soprannomi di John Bonham?

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Tra i più influenti batteristi della storia del rock, John Bonham avrebbe compiuto oggi 72 anni. Ma perché i Led Zeppelin lo chiamavano Bonzo?

A 5 anni iniziò a suonare su un drum kit fatto con le lattine di caffè, a 10 anni ebbe in regalo il primo rullante, a 15 il primo kit di batteria. Per John Bonham, le percussioni non erano solo una passione, ma uno stile di vita.

Quando, nel 1968, Jimmy Page chiamò Robert Plant per formare i New Yardbirds, Plant, che aveva conosciuto Bonham nei Crawling King Snakes, indicò proprio lui. Page e Peter Grant (manager dei futuri Led Zeppelin) lo trovarono perfetto. E come dare loro torto? Negli album del gruppo, Bonham ridefinì l’idea del drumming moderno, diventando un vero e proprio pilastro del sound dei Led Zeppelin.

Certo, oltre l'artista c’è sempre l'uomo. Se a molti, il nome di John Bonham evoca storie di eccessi, droghe, alcool, e una lenta autodistruzione che lo portò alla morte, all'inizio della sua carriera, il batterista si propose come una figura molto mansueta, amante della campagna inglese e della vita in famiglia.

Il suo primo soprannome, "Bonzo", ha origine proprio da questo lato quieto della sua personalità. Bonzo era infatti il placido cagnolino protagonista di un vecchio cartone animato, creato nel 1922 dal fumettista britannico George Studdy. Un cucciolo bianco, paffuto, con gli occhi azzurri e una coda corta e tozza, un vero e proprio idolo per i bambini dell'epoca. 

Proprio come Bonzo, Bonham amava inoltre le salsicce di maiale, in particolare quelle di marca Wall's. Le portava infatti sempre con sé per la colazione, affidandole al roadie degli Zeppelin perché "ne avesse cura". Testimone di questa strana passione fu addirittura David Bowie, il quale lo avrebbe raccontato divertito parecchi anni dopo.

È strano ricordare questo lato tranquillo, se comparato agli eccessi di cui Bonham si rese negli anni protagonista. Ma d'altronde, il batterista è sempre stato una figura ambivalente. Ancora prima dei Led Zeppelin, infatti, quando Bonham aveva iniziato a suonare all'interno di complessi locali; molti club, a causa del troppo rumore generato dalla sua batteria, gli avevano posto il veto.

E, in compagnia di Robert Plant, Jimmy Page e John Paul Jones, "Bonzo" non ci mise molto a trasformarsi in "The Beast", la bestia. Soffrendo probabilmente della lontananza dalla famiglia e dal figlio piccolo, Bonham reagì assumendo a dismisura alcolici e droghe. La conseguenza? Violenti cambiamenti di personalità.

A farne regolarmente le spese erano stanze d'albergo, che finivano distrutte, locali e qualche malcapitato, come Richard Cole, tour manager degli Zeppelin. E quella tragica morte, dopo l'ennesima sbornia, fu la conferma che il lato di "The Beast" aveva preso il sopravvento su quello di "Bonzo".

Dopo quel 25 settembre 1980, il simbolo scelto da Bonham in LED ZEPPELIN IV, se così si può chiamare l'album, assunse un altro valore. 

Per la scelta della sua "firma", Bonham si era affidato nel 1971 a un libro di Rudolf Koch. Il segno da lui scelto dice molto della sua personalità. Si tratta di un motivo legato all'idea della Trinità, ma anche alla famiglia: può essere utilizzato infatti, alludendo all'unione tra uomo, donna e bambino, anche per indicare i ruoli di padre, madre e figlio.

Qualcuno ha visto nei tre cerchi una batteria, qualcun altro invece ha notato come lo stesso simbolo – anche se rovesciato – ricorra anche nel logo della birra americana Ballantine. Un'allusione a quella dipendenza dall'alcool mai sconfitta? Insomma, il sigillo resta ambivalente, come il suo portatore.

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