Look up here, I'm in heaven
I've got scars that can't be seen
Bowie non gettò il microfono a terra finché gli fu possibile. Il suo ultimo lavoro in studio, BLACKSTAR, è considerato inevitabilmente il suo testamento. Ma stavolta non c’è stata mistificazione: BLACKSTAR fu consapevolmente l’addio di Bowie al mondo. Difatti, è impossibile non cogliere nei testi, come quello sopra riportato di Lazarus, il senso della morte imminente.
Il cancro che portò via Bowie si era diffuso in tutto il suo corpo a novembre del 2015, senza lasciare speranze all’artista e a chi lo amava. La gentile profezia di Lazarus non è lontana dal raccogliere i temi più viscerali per l’uomo: nascita e morte si intrecciano in una melodia vicina a creare un clima elegiaco, rassegnato, malinconico, segreto e universale allo stesso tempo.
Il brano Lazarus è una sintesi unica di rock e jazz: l’intro piuttosto spoglia, con solo batteria e chitarra, apre presto una dimensione orchestrale creata con il sintetizzatore e il basso. Non sfugge la linea di basso simile a quella di She’s Lost Control dei Joy Division (Bowie era un grande ammiratore di Ian Curtis). Il sassofono di Danny McCaslin è l’altro grande protagonista di Lazarus, il vero compagno della voce spesso spezzata di Bowie.
Così, l’atmosfera drammatica è pronta ad accogliere il testo che ha tormentato i fan e gli artisti dopo la morte di Bowie. Tony Visconti, che diresse il video ufficiale, rilasciato con l’uscita di BLACKSTAR, notò il tono del testo, e gli disse “Brutto bastardo. Stai scrivendo un album di addio!”. Bowie, a quella frase, si limitò a ridere.
Il video è un contenitore di riferimenti alla morte: il letto di un ospedale, un armadio fin troppo simile a una bara, Bowie con gli occhi bendati. Lazzaro è l’alter ego di Bowie: entrambi stavano morendo lentamente di una malattia incurabile, entrambi avevano una cicatrice invisibile. E invisibile era davvero ai nostri occhi: quando venne girato il video, pochissimi sapevano del cancro che lo stava logorando. Ma Bowie pensò ai suoi fan e, come Tony Visconti sottolineò, BLACKSTAR fu il regalo di addio dell'artista.
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