Il giorno in cui Joe Strummer dei Clash sparì nel nulla

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Nel 1982, Joe Strummer decise che ne aveva abbastanza dei Clash. Così, da un giorno all’altro, si defilò a Parigi.

Quando si dice fuggire di fronte ai problemi... ma potete biasimarlo? La band, intorno a lui, stava cadendo a pezzi: la tossicodipendenza del batterista Topper Headon aveva fatto calare una cappa pesante sugli altri membri, che lo vedevano costantemente in alienazione. Ma questo non era l'unico problema: l'altro aveva il nome di Mick Jones.

Mick si comportava come una rockstar, e tutti avevamo perso di vista quello che ci eravamo prefissati di fare.

Così Topper Headon ricordava quel periodo in cui Jones aveva spaccato in due il gruppo (tanto che un anno dopo Strummer e Simonon avrebbero annunciato il suo allontanamento dai Clash). Sembrava impossibile accordarsi su qualsiasi cosa: l'organizzazione dei tour, la lunghezza degli album, la direzione musicale dei Clash. Un disastro annunciato che iniziò a pesare sulle spalle di Strummer. Finché il manager Bernard Rhodes gli suggerì una soluzione semplice, che Joe prese forse un po' troppo alla lettera: prendersi una pausa.

Alla fatidica domanda che rese famoso il gruppo (Should I Stay or Should I Go), Strummer rispose con un biglietto per Parigi. 

Ho preso e sono andato a Parigi senza nemmeno pensarci. Forse ero diventato un po' matto, sai? Sapevo che molte persone sarebbero state deluse, ma dovevo andare.

Un treno di notte per Parigi, la stanchezza che aveva disegnato profondi solchi sul viso, un bagaglio leggero e una guida economica della capitale: così Joe Strummer sparì nel nulla, senza dire una parola alla band, ma affiancato dalla sua ragazza Gaby Salter. 

La fuga divenne travagliata non appena i due arrivarono a Parigi e persero documenti e passaporti. Ospitati in un piccolo appartamento di Montmartre dall'unica persona che conoscevano nella città, un'amica della figlia di Gaby, finirono per conoscere il fotografo parigino Richard Schroeder.

E così divenne sempre più difficile tornare indietro per Joe Strummer. Il piano iniziale di rimanere solo qualche giorno sfumava in nottate passate al bar, a parlare con Schroeder della vita, del mondo, di come divenire migliori. Ma chi non era fuggito con Strummer, cosa stava pensando?

Quando trapelò la notizia della scomparsa del musicista, la band si ritrovò a fronteggiare i media in vista del nuovo album in uscita, sballottata tra le mani di Bernard Rhodes e Kosmo Vinyl, che non rendevano di certo calme le acque già agitate.

Ogni sorta di speculazione iniziò sulla scomparsa di Joe: che fosse una messa in scena per vendere di più, che Bernard avesse colto l’occasione per creare una grande pubblicità attorno ai Clash. Invece, Strummer menzionò solo la tossicodipendenza di Topper al suo nuovo amico Richard Schroeder. E fu proprio Strummer a telefonare alla stampa (precisamente a Kit Buckler), rassicurando che stava bene, e che aveva solo avuto bisogno di allontanarsi.

E non si può dire che Strummer non avesse goduto di quella distanza: un giorno, dopo aver visto sul giornale un articolo sulla Maratona di Parigi, propose a Richard Schroeder di partecipare. Strummer era stato giocatore di football, aveva già partecipato ad altre maratone, ma prima di questa era completamente ubriaco. Con Richard e Gaby ad aspettarlo al traguardo, Strummer arrivò sfinito, chiedendo una birra e una sigaretta.

Due giorni dopo la maratona, Kosmo Vinyl volò a Parigi: un investigatore privato aveva trovato il frontman dei Clash. Kosmo lo convinse a tornare a Londra. Joe chiamò Richard Schroeder, dicendogli che lo avevano trovato. L’amico ricorda che, dicendolo, rideva.

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