Rush: la storia dietro ogni canzone di PERMANENT WAVES

Rush

Dopo aver dispiegato il glorioso prog rock di HEMISPHERES, album del 1978, i Rush capirono che era arrivato il momento di cambiare rotta. 

Con HEMISPHERES i Rush avevano accontentato ogni capriccio, creando suite concettuali come Cygnus X-1 Book II: Hemispheres e brani strumentali come La Villa Strangiato. Ma dopo aver realizzato un album praticamente perfetto, la band percepì il rischio di diventare un cliché.

Stavamo cadendo in questi pattern di scrittura, in ripetizioni di tematiche ogni 20 minuti. Iniziarono a sembrare troppo comodamente organizzate, come se non stessimo pensando in modo abbastanza originale. È una sorta di “schema prog”. La gente associa il prog rock ad uno stile di musica stimolante e impegnativo, e certamente può essere così. Ma se si comincia a cadere in abitudini del passato e si sviluppa una metodologia troppo confortevole, non è progressive. Abbiamo iniziato a sentirci così quando abbiamo finito quel disco.

La consapevolezza è madre del cambiamento. Il loro settimo LP, PERMANENT WAVES, fu una svolta dal circuito in cui i Rush erano entrati con HEMISPHERES: le tracce erano più brevi, gli argomenti più personali, il sound più attento alle sonorità della scena New Wave. A questo proposito, il titolo dell’LP fu una frecciatina al genere, e anzi più precisamente, come spiegò Neil Peart, una frecciatina alla stampa rock inglese, pronta a rinnegare la moda della settimana scorsa per abbracciare l’ultimissima.

Così, in un ambiente ideale per depurarsi dal passato (una fattoria in Ontario), i Rush iniziarono a lavorare su PERMANENT WAVES nel luglio del 1979. Ecco la storia dietro ogni canzone.

The Spirit of Radio

Un titolo preso in prestito dallo slogan della stazione di Toronto CFNY-FM, un’allusione a The Sound of Silence nel finale, un arrangiamento scherzoso e il passaggio inaspettato al reggae. Ecco a voi The Spirit of the Radio, il brano che, pur non offrendo continuità con HEMISPHERES, permise ai Rush di sopravvivere alla rivoluzione imminente degli anni ’80.

Freewill

Questo brano è terreno fertile per una congiunzione tra i temi più profondi (come appunto il libero arbitrio) e la giocosità di riff luminosi: con Freewill i Rush raccontano le proprie riflessioni sulla religione, qui un’illusione che fa da scudo alla premessa, infondata, che l’uomo sia malvagio e vada controllato. Un tema che il gruppo trasformò in musica in soli tre giorni, i primi di lavoro a Lakewood Farms, in Ontario. (You can choose a ready guide in some celestial voice/ If you choose not to decide, you still have made a choice/ You can choose from phantom fears and kindness that can kill/ I will choose a path that’s clear, I will choose free will).

Jacob's Ladder

Anche questo brano nacque dall’ondata di ispirazione che colse i Rush nei primi giorni di lavoro per PERMANENT WAVES, ma tutt’altro che rapido fu il labor limae della melodia. Neil Peart raccontò che il trio si era avvicinato alla struttura del brano come fanno i registi cinematografici, sviluppando testo e musica soprattutto attraverso immagini evocative. D’altronde, Jacob’s Ladder è un titolo che accende subito l’immaginazione, ricordando antiche ed epiche storie bibliche, che avevano stimolato la curiosità di Peart da bambino.

Nei miei testi ho tratto molti riferimenti dalla Bibbia, perché è una fonte di immagini molto vivide. Sono cresciuto con un background religioso, nonostante io non sia religioso, andando a catechismo e facendo educazione religiosa a scuola e così via.

Non tutti erano contenti della drammaticità del brano, creata con synth vorticosi e chitarre che suonano come tuoni: Lifeson percepiva Jacob’s Ladder come un ritorno alle tematiche epiche del passato. Si convinse solo dopo aver ascoltato il disco in radio, e capì che tanti aspetti da lui criticati lavorando sull’album non avevano affatto influito sull’effetto complessivo del disco.

Entre Nous

Questa riflessione sui divari tra gli esseri umani (We are strangers to each other full of sliding panels/ An illusion show, acting well-rehearsed routines or playing from the heart?/ It’s hard for one to know) è stata spesso trascurata. Gli stessi Rush non la suonarono dal vivo fino al 2007, ma inaspettatamente fu di vitale importanza per il giovane Billy Corgan.

Per il documentario sui Rush del 2010, Beyond the Stage, la mente degli Smashing Pumpkins ha raccontato un episodio della sua adolescenza:

Ho questo ricordo in cui ero seduto nel seminterrato con mia madre. Le dissi ‘Voglio suonarti una canzone’. Era molto difficile attirare l’attenzione dei miei genitori in generale, per questo fu un grande momento. Ho suonato Entre Nous, e le ho dato il foglio con il testo perché volevo che capisse quanto quella canzone stava connettendo con me. Quando avevo 16 anni non ero estroverso, ero molto riservato. E qualcosa in quella canzone mi permise di dire ‘In qualche mood questa canzone è stata scritta per me’.

Different Strings

Con questa ballata cupa i Rush riflettono sull’innocenza perduta e sul morire delle relazioni, in un’atmosfera guidata dal fingerpicking di Lifeson e dal basso malinconico di Lee. Unica pecca? Forse lo svanire prematuro dell’assolo di Lifeson, carico di emotività e capace di creare un clima blues invidiabile.

Natural Science

Vivace, intricato, difficile: questo brano è una vera sfida, soprattutto per le esibizioni live. Nonostante questo, i Rush lo hanno sempre suonato sul palco, scavando fino alle loro capacità più primitive. Senza dubbio è un ritorno al sound di HEMISPHERES, pieno di effetti stupefacenti (per dirne un paio, la registrazione dell’eco naturale delle montagne e il suono dei remi che affondano nell’acqua del lago privato). Il testo è dedicato al rapporto tra uomo tecnologico e natura, sempre più sfuggente al controllo dell’uomo, sempre più incline alla distruzione. Un richiamo alla necessaria consapevolezza delle persone nei confronti della scienza.

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