Il 2020 di Keith Richards: la nostra intervista

keith richards

Come tutti noi, il suo 2020 è stato dominato da voi sapete cosa. E pur essendo indietro con le letture, Keith Richards trova sempre il tempo per fare ciò che preferisce: “Sedermi a scrivere canzoni”.

Difficilmente potreste trovare in tutto il firmamento rock qualcuno per cui il cliché “non ha bisogno di presentazioni” valga più che per Keith Richards. Avendo incarnato la leggenda del ‘riff vivente’ per quasi 60 anni, il chitarrista dei Rolling Stones ha raggiunto uno status quasi mitologico. Ma il Coronavirus non ha alcun rispetto per le leggende, e così anche lui si gode il lockdown. Spiritosamente rassegnato a starsene rinchiuso nella sua tana del Connecticut per tutta la durata dell’emergenza, Keith non è cambiato, sia quando ripensa ai suoi anni da ‘solista’ come frontman degli X-Pensive Winos, sia quando guarda avanti nell’attesa del ritorno alla cosiddetta normalità.

Ecco qualcuna delle domande che gli abbiamo fatto.

Hai trovato liberatorio esibirti con gli X-Pensive Winos, dopo così tanti anni con i Rolling Stones?

In un certo senso sì. È stato diverso. Fare da frontman per me è molto strano. Alla fine mi sono ritrovato ad apprezzare molto di più quello che fa Mick Jagger. Con gli Stones posso fare come mi pare sul palco: posso nascondermi dietro Charlie [Watts] o mettermi in prima fila. Con i Winos, mi sono reso conto dell’immensa pressione del dover cantare ogni singolo brano, anche se sapevo che sarebbe sarebbe stata una bella sfida. E lo è stata. 

Visto che grazie al Covid hai molto tempo libero, immagino che suoni regolarmente la chitarra. Ti siedi e la suoni davanti alla tv?

(Ride) In effetti sta vicino alla mia sedia preferita, e diciamo che faccio proprio così.
Però poi ci sono dei momenti nel corso della giornata in cui d’improvviso prendo la
chitarra e mi viene qualcosa in mente. Mi siedo e scrivo canzoni, o anche solo parti,
accenni, spunti.

I concerti degli Stones di oggi sono come immensi raduni tribali. Hai mai pensato che forse cose del genere saranno impossibili nell’immediato futuro? E in questo caso, avete un piano B?

Al momento non c’è nessun piano B. Credo che, ora come ora, il pensiero di tutti sia: “Superiamo questa cosa il prima possibile. Rimettiamoci in forma e poi si vede”. Questa cosa è progettata per tenerci distanti, e tutto quel che vogliamo fare è stare di nuovo assieme. Credo che dobbiamo tutti fare i bravi per un po’ e stare buoni, fare come ci dicono, lavarci le mani, metterci la mascherina e fare la nostra parte.

Visto che finora è un metodo che sembra funzionare bene, il prossimo disco degli Stones sarà pubblicato un brano alla volta?

Be’, (Living In A) Ghost Town l’abbiamo pensato così, e prima che la pandemia colpisse a piena forza erano usciti quattro o cinque brani. Ghost Town era stata scritta e registrata prima che sapessimo nulla del Covid-19. È stata una delle misteriose profezie di Mick (ride). Ma dopo? Non lo so. Non possiamo finirlo finché non saremo di nuovo assieme, e questa pandemia potrebbe cambiare il modo in cui pensiamo il nostro sound, o cosa vogliamo scrivere, perché credo che influenzerà ogni cosa.

Trovate l'intervista completa, a cura di Ian Fortnam, sul nuovo numero di «Classic Rock», in edicola e sul nostro store.
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