Come Giorgio Gaber inventò il Teatro Canzone

Giorgio Gaber

Un palcoscenico, una sedia, parti cantate e parti recitate. Ecco cosa serve a Giorgio Gaber, o meglio, il Signor G., per tessere le fila della società contemporanea, reinventando un genere teatrale attraverso la musica.

Dategli del poeta, del filosofo, dell'attore e dell'autore, del paroliere, del cantante e del musicista. Giorgio Gaber, eclettico e geniale, ha svoltato il cantautorato italiano negli anni Settanta. Per questo, nonostante sia passato più di un decennio dalla sua morte, nel 2003, la sua musica è sempre fortemente attuale e pronta a raccontare una contemporaneità eternamente fragile e discontinua. Complice la sua tagliente ironia, che infioretta una narrazione coinvolgente rivolta a smuovere le coscienze della società. E pensare che l'artista imbracciò la sua prima chitarra a 15 anni, solo per curare una paralisi al braccio. Ma quello strumento, così poetico e antico, sarebbe stato il suo fedele compagno. Anche se l'egemonia è dettata dalla potenza delle parole che fluiscono così liberatorie da un canto attualizzante.

Così Gaber ci parla con un approccio originale al rock, che fonda le sue basi sull'amicizia con Adriano Celentano ed Enzo Jannacci. Ma la vera svolta avviene nel 1970 con la nascita del Signor G., frutto dell'omonimo spettacolo teatrale al Teatro San Rocco di Seregno. E quell'identità artistica conia un alter ego dove la G non riveste la duplicità anagrafica di Gaber, ma indica la Gente. Coloro che saranno testimoni di una svolta epocale, dove la canzone a teatro lentamente si accompagna a brevi parole recitate e poi a monologhi, atti a sviscerare la complessità della mente. Perché Gaber afferra la psicologia come materia fondante delle sue opere e ritiene la schizofrenia una componente ordinaria dell'esistenza

Così è quasi evanescente il labile confine che separa sanità mentale e disordine psichico e che trova sfogo nell'espressione artistica. E quale arena migliore del teatro, dove si annulla la differenza tra recitazione e contemplazione estetica e tutti divengono protagonisti di un libero gioco delle parti. Per questo, in un momento della storia italiana in cui la canzone d'amore non risveglia più gli animi, qualcuno deve darsi da fare.

La narrazione del domani potenzia il suo riverbero laddove Gaber e De André forgiano l'antologia del cantautorato. Il sistema viene decomposto e frammentato in una prosa d'evocazione dove la parola è finalmente preminente. Per questo, quando il pittore e collega teatrale di Gaber, Sandro Luporini, conia il termine "Teatro Canzone", si parla già di rivoluzione.

L'espressione delinea una declinazione estetica del genere teatrale che fonde musica e recitazione attraverso la canzone proiettata nel monologo. Tale aspetto crea un vero e proprio genere a parte, dove la performance non si appella a oggetti di scena presenti sul palco, ma dà voce alla più eclettica immaginazione dell'osservatore. Così le parole costruiscono realtà fantastiche, affini alle Città Invisibili di Italo Calvino, ma permeate da più pregnanti interrogativi sulla realtà. E tale considerazione poetica affiora da uno spettacolo teatrale antologico, accanto a Luporini, intitolato Qualcuno era comunista, in cui Gaber illustra un tracciato narrativo su cosa il comunismo significhi per ognuno. Un esperimento vincente e profondamente introiettato nel controverso sentire comune. 

In seguito lo stesso spettacolo venne registrato al Teatro Carcano di Milano, nel 1992, dando origine all'omonimo album. Questo sfocia in una policromia di linguaggi diversi dove Gaber non si pone come un demagogo, ma come un intellettuale sempre famelico di sapere. Per questo è sempre attuale e fondativa la descrizione che l'artista fece di sé stesso nel 1978"filosofo ignorante, studente a vita". E anche se la sua poesia non compare tra i libri di scuola, tuttavia sono innegabili i suoi lasciti ereditari al pensiero contemporaneo.

Dal desiderio di cambiamento, alla fine capacità di proiettare nelle canzoni il più autentico ritratto dell'uomo moderno, fino alla dialettica costruttiva a sfondo ironico. Che sia Gaber o il Signor G., il teatro e il cantautorato portano la sua firma. 

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