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PAUL MCCARTNEY III: le ultime curiosità sul disco fatto in casa

È un evento extra-musicale a determinare il realizzarsi del terzo album eponimo di Paul. La quarantena della primavera 2020 – dovuta al diffondersi del Covid-19 – mette McCartney nelle condizioni “ideali” per concepire un nuovo disco.

Con il solo aiuto del fonico Steve Orchard e dell’assistente di studio Keith Smith, McCartney decide di recarsi al lavoro nel rispetto dei protocolli di sicurezza. “Sin dall’inizio sapevamo che avremmo formato una ‘bolla’”, ha raccontato Smith. “Paul era nella farm con sua figlia, io e Steve sempre in famiglia. Nessuno ha incontrato altra gente”.

Il setup tecnico non è più quello spartano di McCARTNEY. Lo studio Hog Hill Mill – in funzione dal 1984 e ricavato all’interno di un mulino nella tenuta di Paul a Icklesham, nel Sussex – conta su un desk Neve serie V a sessanta canali, con venti canali di pre-amplificazione. Accanto a questa consolle, sono disponibili varie macchine d’epoca: un registratore magnetico a bobine Brenell, lo Studer a quattro tracce, un sedici e un ventiquattro piste. Tutto viene riversato in ProTools.

Il metodo di lavoro prevede che il primo strumento a essere registrato sia quello sul quale Paul ha scritto la canzone. Il feel è ciò che conta: spesso è la prima take a essere conservata, a dispetto di eventuali imperfezioni.

Find My Way

Un’incursione pop piena di fantasia. Per la batteria, Paul assembla due parti differenti – una modalità artigianale, che potremmo definire “metodo puzzle”, utilizzato per superare l’ostacolo della difficoltà tecnica – mentre il basso è una combinazione tra sintetizzatore Moog e Höfner. Utilizzando il registratore Brenell, le chitarre vengono incise a diverse velocità e poi sovrapposte. “Questa macchina ha un amplificatore incorporato”, spiega Orchard, “Paul incideva un riff, poi lo suonavamo a un’altra velocità ascoltandolo attraverso l’amplificatore. C’è anche una modalità loop, così puoi riprodurre continuamente quello che hai inciso”. Fa capolino il clavicembalo: dal Medioevo ai giorni nostri senza un graffio.

Pretty Boys

Una delle incisioni più semplici di McCARTNEY III. Smith: “Paul si è seduto e ha detto: ‘Ho questa cosetta su cui ho lavorato’. Un riff di chitarra in giro da anni. Per la traccia base, ha preso l’acustica e ha cantato dal vivo. Poi l’ha completata passo dopo passo”. 

Women And Wives

Anche una tecnica approssimativa può rivelarsi un’arma potente per il rock. Qui è l’uso del contrabbasso (il Kay M1 di Bill Black, bassista di Elvis Presley) a dimostrarcelo: McCartney, che è mancino, impiega lo strumento mantenendo l’accordatura per i destri e cambia semplicemente lato per suonarlo. Il contrabbasso frigge in diversi punti e c’è persino una nota stonata... La batteria è suonata con spazzole di plastica.

Deep Deep Feeling

Quando Macca è in vena sperimentale, come nel caso di questo tour de force (oltre otto minuti di invenzioni sonore su un pattern che usa per lo più due accordi), può essere necessario mettere a frutto le possibilità offerte dai moderni software di registrazione e lavorare di cesello, con una paziente opera di assemblaggio. “Abbiamo usato ProTools come fosse un canovaccio”, ha rivelato Orchard. “Ci abbiamo inserito idee, cambi di tempo e di tonalità, spostando pezzi di qua e di là...”. Per creare alcuni accordi, McCartney impiega ancora il Brenell, sovrapponendo sino a quaranta tracce di chitarra elettrica. Le voci in armonia constano invece di una dozzina di diverse parti.

Seize the Day

In meno di tre minuti ecco un condensato di trovate, spunti armonici e strumentali. L’apertura è solo con voce e batteria, dalle rullate rozze ma inconfondibili, anche per via del suono attutito. “Paul usa degli strofinacci con l’effigie di Mr. T (interprete della serie tv A-Team o del pugile Clubber Lang in Rocky III)”, ha raccontato Orchard, “perché gli piace l’effetto sordo dei tamburi”. Poi l’arrangiamento mette in sequenza basso Höfner, sintetizzatori, maracas, chitarre elettriche vintage, tamburello e piano elettrico Fender Rhodes. Una caramella psichedelica.

Chissà come sarebbe cambiata la storia della musica pop-rock se nel 1966 McCartney si fosse “spinto troppo in là”... o l’ha fatto?

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Luca Perasi

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Luca Perasi

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