Alice Cooper nel paese dello Shock Rock: “Los Angeles non ci ha mai capiti”

alice cooper

Battendo in volata il Covid, Alice Cooper ha terminato il suo ventunesimo album, DETROIT STORIES, che ruota attorno alla sua città natale.

Alice Cooper e Bob Ezrin hanno radunato musicisti rigorosamente di Detroit, concentrando le loro forze per realizzare un album che oscilla tra il rock, il rhythm & blues, il punk, il soul. Ma, prima di tornare nella Rock City, negli anni 70, Vincent si era un po’ perso per strada.

Cosa ricordi con piacere di Los Angeles?

Ero molto legato a Jim [Morrison]. Aveva solo quattro o cinque anni più di me, ma io ne avevo una ventina, e faceva molta differenza. Ci prese sotto la sua ala dandoci l’opportunità di farci conoscere da un sacco di gente. Purtroppo, si calava qualsiasi cosa gli capitasse sotto tiro… Io ero più cauto con quello che prendevo.

Quando ti è sfuggito tutto di mano?

Quando è arrivato il punk, ero in un periodo relativamente pulito della mia vita; è Los Angeles che mi ha rovinato, in quella città la cocaina era ovunque, l’intera città era un tornado di coca. Ho iniziato a farmi perché se il punk era più veloce di me, io dovevo essere in grado di distruggerlo. Vincent Furnier era poco interessante, tutti volevano Alice Cooper, così la mia personalità dipendente ha preso il sopravvento al punto di controllare tutto: la mia vita, i miei processi creativi… tutto! E, da buon mostro bulimico, ha anche distrutto tutto: carriera, vita privata… mi sono ridotto in uno stato pietoso. E lo sai qual è la cosa buffa? Che Los Angeles non ci ha mai capiti.

 
 

 

 

 

Trasferirvi a Detroit vi ha fatti rinascere. Perché poi la band è scoppiata?

La Alice Cooper band non si è proprio sfasciata nel 1974, diciamo che ci siamo persi un po’ per strada: BILLION DOLLAR BABIES ha cambiato le cose, ero troppo preso dai tappeti rossi che mi srotolavano davanti, dalle limousine, dalla vita da rockstar. Ma è stata una separazione e non un vero divorzio. Dennis [Dunaway] ha fatto il suo album, Mike [Michael Bruce] il suo, Neal[Smith] voleva farne uno ed io ho inciso WELCOME TO MY NIGHTMARE con Bob Ezrin e tutti i ragazzi di cui mi sentivo sicuro. La maggior parte delle band, quando si dividono, si odiano, non si parlano più, non lavorano più assieme, hanno sempre cose terribili da dirsi alle spalle... noi non ci siamo lasciati male, non ci siamo mai odiati.

DETROIT STORIES è una dichiarazione d’amore per la ‘tua città’. Ma tu vivi a Phoenix...

Io sono di Detroit. Mio papà vendeva auto usate, ogni volta che torno mi sento a casa. È sempre stata ‘la’ città del rock e ci vive quasi tutta la mia famiglia. Detroit per molto tempo è stata una città da barzelletta. Io ho molto senso dell’umorismo, ma quando dico ‘vengo da Detroit’, se ridi ti do un pugno.

Questa intervista è estratta dal 100esimo numero di Classic Rock, disponibile in tutte le edicole e sul nostro store online. Trovi tantissime altre curiosità su Alice Cooper nell'ultimo numero di Hard Rock: puoi avere la tua copia cliccando qui.
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