Come sono stati gli ultimi giorni di vita di Kurt Cobain?

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Il 5 aprile 1994 fu l'ultimo giorno di vita del frontman dei Nirvana, un uomo fragile, sensibile, dotato di una drammaticità esistenziale e di un'anima decadente. Nonostante i suoi ultimi giorni siano offuscati tra verità e leggenda, scopriamo come si concretizzarono. 

Nel 2005 il regista statunitense Gus Van Sant presentò Last Days, un film d’autore ispirato agli ultimi giorni di vita di Kurt Cobain, ma liberamente costruito su un’opera di finzione. Così Michael Pitt vestì i panni di Blake, un musicista affine all’anima malinconica e autodistruttiva di Cobain, che trascina le sue ore in una villa abbandonata, specchio della sua natura decadente. Porta con sé un fucile, ultimo lascito di quel 5 aprile 1994, quando il frontman dei Nirvana morì a soli 27 anni.

Nelle sue vene fu trovata un’altissima dose di eroina mescolata a Valium. Ma un colpo di fucile in testa pose testamentaria fine a una brillante quanto sofferta esistenza. L'8 aprile, tre giorni dopo, quello che era stato Kurt Cobain poteva essere riconosciuto solo dalle impronte digitali. A trovare il suo cadavere fu l’elettricista Gary Smith, nella serra del garage della sua casa sul Lago Washington, a Seattle. Insieme a lui quella lettera dedicata all’amico immaginario d'infanzia, Boddah, e a quegli ultimi due frammenti d’amore della vita di Cobain: la moglie Courtney Love e la figlia Frances Bean Cobain.

Ma ancora oggi la morte del cantautore è avvolta nel mistero, adombrata da una collezione di ipotesi chiaroscurali. Sappiamo con certezza che, tra le ultime esibizioni dei Nirvana, figura una tappa in Italia, il 23 febbraio 1994, poco più di un mese prima della morte, al programma Tunnel di Rai 3, con l’esibizione di Serve The Servants e Dumb. Pochi giorni dopo, il 3 marzo 1994, Kurt è a Roma quando abusa di un mix di champagne e tranquillanti che quasi lo conducono alla morte in un episodio celeberrimo ricordato come The Rome Incident.

Passa quasi un mese e, il 1 aprile, Kurt fugge dall’Exodus Recovery Centre di Marina Del Rey, Los Angeles, dove si era ricoverato di sua sponte. Inizia un tracciamento di investigatori privati da parte di Courtney, ma sembra che da tempo Kurt abbia lasciato intendere che preferirebbe rintanarsi nella morte. Per questo motivo acquista il suo Remington M-11 calibro 20 dall’amico Dylan Carlson. Siamo intorno al 30 marzo. Contando che partirà a breve per il centro di riabilitazione, Carlson si offre di tenere il fucile fino al suo ritorno, ma Cobain lo vuole subito per sé.

Secondo la polizia, Cobain lascia il fucile a casa prima di recarsi al centro di recupero a Marina Del Rey il giorno seguente. Vi resta però solo due giorni e l’ultima volta viene visto fumare una sigaretta sul patio, prima di scappare. Da lì si apre un divario offuscato e nebuloso, dato che non si sa con certezza come Cobain abbia trascorso i suoi ultimi giorni di vita. Si dice che alcuni vicini l’abbiano visto aggirarsi con un cappotto pesante a Seattle, in un aspetto pietoso. Ed è anche questo il motivo per cui un regista del calibro di Van Sant ha ricreato finzionalmente i suoi ultimi giorni.

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Come testimoniano i suoi amici e conoscenti, Cobain aveva un modo tragicomico di vedere la morte. Dopo le numerose overdose di eroina che lo avvolsero, il frontman rideva di gusto e ironizzava sulla frase I Hate Myself And I Wanna Die, che originariamente doveva essere il titolo dell’album IN UTERO. Così spesso il cantante aveva lasciato presagire di una sua imminente fine, anche se ad oggi non tutti ritengono si sia trattato di un suicidio, ma piuttosto di un omicidio.

Ci sono ipotesi che additano infatti come possibile colpevole Courtney Love, che avrebbe assoldato un sicario, tale Eldon Wayne Hoke, per 500.000 dollari. Tuttavia le parole della zia di Cobain, Mary, testimoniano una sofferenza latente prolungata per tutta la vita. Kurt cercava così di trovare sollievo con l’eroina sia a un misterioso dolore di stomaco mai certificato, sia a un male d’esistere affondato e velato nelle poetiche canzoni testamentarie.

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