Addio a John Hinch: batterista del primo album dei Judas Priest

Si spegne a 73 anni il terzo batterista dei Judas Priest, alfiere di quel tocco deciso e distintivo ai tamburi di ROCKA ROLLA, album di debutto dei padrini dell’heavy metal, ancora intriso di venalità hard rock anni Settanta. Riscopriamo la parentesi John Hitch nella genesi fondativa del loro primo approccio discografico.

Il nome dei Judas Priest è legato a un’iconica firma stilistica, dettata da borchie, abiti in pelle e immancabili Harley Davidson. Sono il fulcro di un sound dal sapore abrasivo e metallico, che affonda le radici nella cinerea Birmingham di inizio anni Settanta. Quell’Inghilterra cupa, avvolta dal fumo delle acciaierie dove Tony Iommi si sfregia le dita della mano destra, è il cuore di una nuova sensibilità musicale, che porta il vessillo del nascente heavy metal. E a poco più di 20km a nord di Birmingham, a Lichfield, nasce il 19 luglio 1947 John Hinch, terzo batterista della band, che partecipa a un momento fondativo della storia dei Judas Priest, l’incisione del loro album di debutto: ROCKA ROLLA.

Questo, debitore sin dal titolo di una canzone dei Deep Purple, esce il 6 settembre 1974, dopo un’evoluzione di molteplici line up della band. Le origini, infatti, sono legate al primo frontman, Al Atkins, al chitarrista John Perry, suicidatosi a soli 18 anni e al bassista Bruno Sthapenill, che forgia il nome ultimo della band, ispirato alla canzone di Bob Dylan, Ballad Of Frankie Lee and Judas Priest. E quel sacerdote di Giuda, dall’evocazione mistica e religiosa, unisce un gruppo precedentemente noto come Freight. Questo assume però la sua veste distintiva con l’ingresso del chitarrista K.K. Downing, cresciuto sui riff di Ritchie Blackmore, che prende il posto di Perry, accompagnandosi al basso di Ian Hill e alla batteria di John Ellis.

Un nome profetico per i batteristi dei Judas Priest, dato che precedentemente c’era John Patridge. Ma la consequenzialità è rotta dall’annata del 1971, al soldo di Alan Moore, prima che sulla scena irrompa John Hinch, insieme al chitarrista Glen Tipton e al nuovo, eterno, frontman, Rob Halford. Quest’ultimo suonava già con Hinch in una precedente formazione, gli Hiroshima, ed è stato il primo a ricordare il collega il giorno della sua morte, il 29 aprile 2021, con una storia su Instagram dalla dicitura “RIP”. In aggiunta ha rilasciato una breve, ma essenziale dichiarazione a «Loudwire», dicendo: Il suo stile era forte e unico. Oggi ascolterò a palla ‘Rocka Rolla”. E non c’è modo migliore per ricordare un amico e un collega se non attraverso il lascito testamentario che ha tracciato l'inizio di un percorso leggendario.

Perché, se il secondo album della band, SAD WINGS OF DESTINY (1976), è considerato il manuale della nascita dell’heavy metal, il primo ROCKA ROLLA dimora su un terreno decisionale. Ascoltandolo, infatti, non affiora la potenza tellurica del British Steel o la batteria anni novanta di Painkiller. Si tratta infatti di un primo banco di prova, in cui la band testa le sue potenzialità, affidandosi a mirabili esempi stilistici. Ecco dunque che affiorano debiti verso i già citati Deep Purple, o i compaesani Black Sabbath, fino alle note progressive dei Traffic. Oltre alle loro ceneri emergono poi citazioni blues rock ed evanescenze lisergiche della stagione psichedelica.

Il prodotto finale è un pastiche stilistico, non ricordato in particolare tra le produzioni della band, ma fondamentale per dare la spinta verso evoluzioni successive. Tuttavia non abbastanza per tenere in squadra Hinch, che si allontana dalla band per discrasie stilistiche con Tipton, sembra. In più affiorano delle rivelazioni di Halford dalla sua autobiografia Confess, pubblicata da Tsunami alla fine del 2020 e in arrivo anche in italiano nel 2021. Qui il cantante ha spiegato come, dopo l’incipiente approccio hard rock del primo album, la band stesse cercando un proprio percorso musicale. Quello che li porterà a diventare i padrini dell’heavy metal. In questo frangente, però, Hinch non era più sulla strada di poter seguire la metamorfosi stilistica dei Judas Priest.

Le prove erano diventate frustranti. John stava facendo del suo meglio, ma semplicemente non stava facendo quello che volevamo.

Serviva quindi più coraggio per approdare nell’alveo di truce durezza che avrebbe scritto l’epopea anni Ottanta e Novanta. Ma Hinch aveva altri piani e, quando lasciò la band nel 1975, intraprese una carriera manageriale in ambito discografico, che lo portò a collaborare anche con Uli Jon Roth, chitarrista degli Scorpions. Si chiude così il sipario di un’altra anima del rock, il cui ricordo rimarrà in eterno tra le note dei primi Judas Priest.

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