Alex Lifeson: “I Rush non esisteranno più”

In una recente intervista radiofonica, l'ex chitarrista della storica band prog canadese ha messo un punto fermo sull'epopea gloriosa dei Rush. Senza Neil Peart il gruppo non ha più ragione di esistere e non è un problema se lui e Geddy Lee rimarranno solo migliori amici. 

Dall'1 agosto 2015, ultima data dei Rush al Forum di Los Angeles, sono cambiate molte cose. Dalla malattia di Neil Peart alla recente e prematura scomparsa, il 7 gennaio 2020, alla cristallizzazione di due nuove figure professionali indipendenti. Da un lato Geddy Lee, abbracciato al suo fedele basso e sempre impegnato in nuove collaborazioni, dall'altro Alex Lifeson, alfiere di un nuovo modello di Les Paul che porta il suo nome e di due esclusivi brani da ascoltare sul suo sito ufficiale.

E, all'inizio del 2021, i due musicisti, migliori amici da quando avevano 14 anni, hanno lanciato la possibilità di tornare a suonare insieme. Tuttavia, senza la firma dei Rush, che appartiene solo alla sacra triade originaria dal 1968. Da tempo, infatti, i due non calcano più grandi palchi e lo stesso Lifeson ha prospettato un futuro più tranquillo, lontano dalla folla e vivo della memoria artistica che la grande band ha lasciato. 

A testimonianza di ciò, Lifeson, in una recente dichiarazione a Trunk Nation with Eddie Trunk su SiriusXM ha parlato del futuro dei Rush e del rapporto con i fan, descritto così:

Era davvero un ottimo rapporto a doppio senso. Ma penso, davvero, che i Rush siano finiti nel 2015. Non c'è modo che i Rush possano mai esistere di nuovo perché Neil non è più qui per farne parte. Questo non vuol dire che non possiamo fare altre cose e che non possiamo farle a beneficio delle nostre comunità. Ho molti piani per quel genere di cose che non includono necessariamente Geddy.

L'occasione ha anche dato modo al chitarrista di riflettere su una rapporto professionale durato oltre quarant'anni con la stessa formazione. Un caso più unico che raro nella storia del rock, che si riflette in un'affinità stilistica preziosa tra i musicisti. Tuttavia, il tempo passa per tutti e, negli ultimi anni, Lifeson ha avvertito sulla sua pelle le difficoltà a tenere il ritmo passato. 

Quando finì il tour (del 2015 n.d.r.) avevamo tutti passato da poco i sessanta. Dopo il numero di concerti che abbiamo fatto, che era circa la metà di quello che avremmo fatto normalmente, stavamo tutti iniziando a sentire la stanchezza. [...] Onestamente odierei lavorare ora, per esempio, e non essere in grado di suonare una canzone perché le mie dita mi stanno uccidendo, non suonano bene e commettono molti errori. Ho fatto abbastanza errori, troppi. Quindi, tutto sommato, si è rivelato davvero il momento opportuno per noi di porre fine a una lunga carriera. Non molte band sono durate 40 anni con quei tour e molti, molti, molti album e tutta quella roba.

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I fasti del passato, quindi, dettano legge per un memorabile archivio musicale. Ma la nuova prospettiva di Lifeson non prevede di abbracciare i grandi stadi che hanno accolto i Rush. Dopo il loro ultimo concerto, infatti, il chitarrista si è esibito poche volte davanti a un pubblico e sempre davanti a un centinaio di persone. 

Lui stesso ha dichiarato di non sentire la mancanza della frenesia del tour, delle 22 ore in attesa dell'arrivo di quelle due adrenaliniche ore di concerto. Per questo, se il futuro vorrà, il chitarrista troverà una nuova strada musicale con Lee, ma in caso non avvennisse, nessun problema per Lifeson. Possono sempre rimanere due buoni amici che si ritrovano davanti a un caffè. 

Lui sta facendo qualsiasi cosa stia facendo, io faccio qualunque cosa stia facendo, e ci teniamo informati a vicenda, ma, Dio, abbiamo avuto una storia così bella e abbiamo fatto così tante cose fantastiche insieme, non è davvero un grosso problema se, per il resto della nostra vita, dovessimo essere solo migliori amici.

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