Pino Daniele Alive: la mostra a Napoli dedicata al leggendario artista

Pino Daniele Alive

Pino Daniele ha cambiato per sempre la concezione della musica italiana nel mondo: il suo apporto al cantautorato italiano è profondissimo e, nel corso degli anni, è stato commemorato attraverso eventi ed iniziative mirate. La più recente, Pino Daniele Alive, sarà disponibile alla visione del pubblico fino al 31 dicembre.

Inaugurata sabato 18 settembre, la mostra Pino Daniele Alive è ospitata al complesso di Santa Caterina a Formiello, uno scenario suggestivo rivalutato dalla Fondazione Made in Cloister, a cui fa da sede. Resterà disponibile alla fruizione del pubblico fino al 31 dicembre prossimo. Pino Daniele Alive nacque con l'idea di essere una "semplice" mostra fotografica, spiega Guido Harari, che ha seguito le vicende di Pino in uno dei periodi più importanti della sua carriera, immortalando gli istanti più preziosi con la sua macchina. Alive si pone l'obiettivo di reinterpretare lo sguardo del compianto artista partenopeo attraverso la fotografia musicale d'autore. Di seguito, vi raccontiamo i particolari di Pino Daniele Alive, che abbiamo visitato in anteprima.

Pino Daniele Alive - Foto di Claudio Pezzella
Pino Daniele Alive - Foto di Claudio Pezzella

Pino Daniele Alive, la mostra omaggio al bluesman napoletano

Simbolo di musica internazionale, Pino Daniele fece della commistione di generi che caratterizzava il suo stile autorale, il più grande punto di forza della sua opera. Il sound di Daniele affonda le radici nel folklore partenopeo, pur gettando uno sguardo ampio e attento alla scena internazionale e all'avanguardia dei suoi anni. Divenuta un percorso multimediale particolarmente articolato, Alive non segue un concept ben preciso, focalizzandosi piuttosto sul mood dell'artista nei punti più importanti della sua carriera. Ecco, quindi, che tra scatti d'autore e testimonianze del pensiero di Pino, trovano spazio affascinanti teche in cui sono raccolti effetti personali, accessori e strumenti musicali importanti per definire l'identità di Daniele.

La mostra ospitata dalla Fondazione Made In Cloister si presenta come un'estensione di quella permanente, visibile al Museo della Pace di Napoli. Durante l'evento, Alessandro Daniele ha presentato la mostra dedicata al padre come un modo efficace per tenere alta la memoria dell'artista, infondendogli nuova vita. Emozioni, stati d'animo e sensazioni, immerse in contesti specifici, sono il cuore pulsante di Alive, in grado di accompagnare il pubblico lungo un'accurata cronistoria del percorso di Pino Daniele. Nel corso dei mesi, nuove iniziative potrebbero allargare le proporzioni della mostra, rivelano gli organizzatori, aggiungendo quanto importante il supporto di SIAE sia stato per la nascita della mostra.

Pino Daniele Alive - Foto di Claudio Pezzella
Pino Daniele Alive - Foto di Claudio Pezzella

I progetti collegati ad Alive

Una mostra contenente foto estemporanee, in grado di trasporre le emozioni e la spensieratezza dell'artista al momento dello scatto. Dalle foto di Alive emerge quotidianità, leggerezza e spontaneità. Vivere Pino Daniele nel quotidiano nei momenti più intensi della sua carriera significava lasciarsi completamente trasportare dal momento, improvvisando su tutta la linea: dalle location degli scatti alle dinamiche con cui venivano eseguiti. A spiegarlo, il Maestro della fotografia Guido Harari, le cui foto, ricoprono gran parte della mostra. Ad arricchire ulteriormente Alive, poi, gli scatti di Lino Vairetti, Mimmo Jodice, Cesare Monti, Luciano Viti, Gianni Canitano, Roberto Panucci, Letizia Pepori e Adolfo Franzò.

Come detto, Alive è un'esperienza totalmente immersiva, in grado di celebrare in molti modi il lascito inestimabile di Pino Daniele. Accanto alle foto trovano, dunque, spazio laboratori di analisi stilistica ed armonica dei suoi brani, ascolto di tracce isolate, analisi della produzione analogica e digitale e studi sull'aspetto poetico dei testi firmati da Daniele. L'aspetto didattico si rivela importantissimo per gli organizzatori della mostra e, in particolare, per il figlio di Pino, pienamente coinvolto in un progetto di formazione al Conservatorio di Milano che prende il nome di Composer Collective, con cui giovani artisti hanno modo di riarrangiare le tracce più evocative di Pino, premiando l'apertura mentale e la contaminazione di generi, gettando uno sguardo appassionato sull'opera di Daniele, omaggiandola in una chiave personale ed introspettiva.

Pino Daniele Alive - Foto di Claudio Pezzella
Pino Daniele Alive - Foto di Claudio Pezzella

L'intervista al Maestro Guido Harari

Durante la presentazione di Pino Daniele Alive, abbiamo avuto la possibilità di fare qualche domanda a Guido Harari, fotografo di elevatissima caratura che, oltre a seguire Pino Daniele negli anni più importanti della sua carriera, è ben noto al pubblico per i suoi scatti di Fabrizio De André, Mia Martini, Paul McCartney e Bob Dylan, tra gli altri. Di seguito, riportiamo la nostra intervista:

Com'è stato lavorare con personalità della musica internazionale come Paul McCartney e Bob Dylan, soprattutto in rapporto al mistero che si cela dietro figure così importanti per la storia della musica e, alla luce dell'estrema riservatezza che caratterizza Bob Dylan?

Essendo artisti, grazie alla cui musica sono cresciuto, da un lato è stato come interagire con membri della famiglia. Avere la possibilità di interagire dal vero con loro era qualcosa di quasi naturale, al di là della natura straordinaria di certi incontri. Con alcuni, poi, il rapporto non era di complicità o altro. Non ho mai stretto la mano a Bob Dylan, pur essendo stati spesso vicini, dentro e fuori dal palco. Ero una presenza accettata e c'erano degli scambi fugaci. Di fatto, la chiave è vivere sì il personaggio come il mito con cui si è cresciuti, ma anche attraverso l'esatto momento in cui lo incontri, senza lasciarsi prendere dai pregressi, cercando di sviluppare un senso di naturalezza, che forse è la cosa più apprezzata.

November 1961 - New York, New York, United States: Bob Dylan in his Greenwich Village apartment at 161 West 4th Street, with his girl friend Suze Rotolo. The couple had recently moved in the building in the heart of the Village conveniently close to Gerde's Folk City, a club where Dylan played ferequently at the start of his career. (Ted Russell/Polaris)

Si impara, spesso, a convivere con la consapevolezza di non dover mai incontrare i propri idoli, per non far crollare l'idea che abbiamo di loro. Si tratta, secondo lei, di una regola fissa o ci sono stati casi in cui poter rimanere sbalorditi?

L'esperienza afferma che uomo e artista non sono la stessa cosa. Al tempo stesso, bisogna capire che quando si incontrano certi personaggi con cui non si vive una quotidianità stabile, le interazioni con loro sono come un terno al lotto. Magari un giorno sono tristi per i problemi più disparati e quindi reagiscono in un certo modo, magari qualche anno dopo, in un altro momento della loro vita, avviene un vero incontro. Entrando in questa logica non cercherai la coerenza fra l'uomo e l'artista e tenderai a rimanere interessato alla sua opera, senza sminuirla o reputandola insincera perché l'uomo non ne rispecchia i tratti.

Quali sono le principali differenze nel rapportarsi con artisti internazionali rispetto a quelli italiani?

L'artista internazionale ha un background differente a livello culturale. Lo conosci solo da una certa distanza, non l'hai vissuto e quindi senti il distacco. Se non vivi certe cose non ne comprendi il punto di collegamento. Con l'italiano c'è un processo di crescita, passioni e interessi vissuto da qui. Pino mescolava il blues, il jazz e molti altri generi pur conservando il suo cuore italiano, napoletano, con cui puoi immedesimarti perché è una realtà che conosci. Ti identifichi con un artista intenso, a prescindere dalla sua provenienza. Tutto dipende dal grado di interesse e fascino che il suo mondo, complessivamente, riveste per te.

Pino Daniele Alive - Foto di Claudio Pezzella
Pino Daniele Alive - Foto di Claudio Pezzella

Vivere periodi complicati dal punto di vista sociale per l'Italia, facendo riferimento agli eventi degli anni di Piombo, gli Zeppelin al Vigorelli, ad esempio, l'ingresso dell'Italia nella famigerata lista nera dei live degli artisti internazionali, come ha influito sulla sua fotografia e sul lavoro con artisti italiani e internazionali?

In quegli anni ho mosso i primi passi e ho vissuto uno stop. Fui capace di risolverlo andando all'estero, ma in ogni caso fu un momento indecifrabile sia per noi italiani che per gli stranieri. Sono venute a mancare tante occasioni che siamo riusciti a recuperare spostandoci all'estero. Fu un periodo odioso, che non produsse niente tranne gli slogan. Oggi non ne risentiamo. Quel periodo è stato riassorbito qualche anno dopo, a partire dagli anni '80. I tumulti hanno osteggiato i concerti per diverso tempo, ma alla fine si è potuti tornare a tournée normali.

Com'è possibile per un fotografo esternare uno stato emotivo in funzione del contesto in cui è immerso, catturando tutti i particolari di una foto e rendendola viva?

"Se per te la fotografia rappresenta un linguaggio attraverso il quale poter raccontare degli incontri con persone che ammiri, non necessariamente famose, allora puoi avere la possibilità di essere autentico. Molte delle foto in mostra sono autentiche, non sono costruite o lo sono solo sulla carta. Dopodiché il gioco prende il sopravvento sull'interesse. Con artisti come Pino e De André non c'era bisogno di sovraccaricare. Il personaggio, la persona e la sostanza c'erano già. C'era l'umanità, l'intensità. Non c'era bisogno di sovrastrutture che, di fatto, supplivano spesso la mancanza di sostanza.

Sono divertito da certi tipi di fotografia costruita, ma solo se viene fatta in un contesto di sostanza e non di assenza. Credo che questa mostra lo evidenzi molto. Molte di queste foto spesso sono crude, naturali perché Pino passa lo stesso, non ha bisogno di effetti speciali. Questa mostra è un diario di incontri perché tutti questi fotografi, immortalando Pino, non si sono mai posti il problema di calarsi nel loro ruolo. Hanno usato un linguaggio per raccontare questi incontri. In quegli anni, poi, non si fotografava così tanto per diversi motivi. Non si attribuiva un valore futuro alle foto, c'era chi dopo un solo rullino non sentiva l'esigenza di approfondire. Questo spiega la freschezza di certi scatti che rappresenta, poi, il loro valore.

Pino Daniele Alive - Foto di Claudio Pezzella
Pino Daniele Alive - Foto di Claudio Pezzella

Quando ha sentito l'esigenza di esternare emozioni e dare importanza ai momenti attraverso le foto?

Molto presto. A 12 anni la fotografia mi appassionava già, ma non la coltivavo ancora. Parliamo degli anni '60, quando andai ad intervistare i Rokes di Shel Shapiro. Ero un ragazzino, ma la loro apertura mi fece pensare che fosse possibile non rimanere un fan che si limitasse ad ascoltare i dischi o ad assistere ai concerti, che si potesse cercare un'interazione diretta con gli artisti. La fotografia venne in mio soccorso, correndo in parallelo alla musica come mia passione. Non solo artisti, comunque, ma anche designer, attori, scienziati e scrittori.

La curiosità è sempre stata il mio motore; una curiosità non fine a sé stessa, ma utile a condividere esperienze da fan quale ero e, all'epoca, l'unico modo per farlo era pubblicare sui giornali. Poi sono arrivate le copertine dei dischi che, per un fotografo, erano il livello massimo di collaborazione con un artista. Voleva dire lavorare a stretto contatto con loro per vestire il loro disco. Era bello sentire il momento esatto in cui ciò che tu potevi offrire, era in grado di sposarsi con ciò che l'artista stesso avrebbe, poi, offerto al suo pubblico, come se i due mondi coesistessero.

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