The White Buffalo: il ritorno in Italia, un album in arrivo e i segreti del mestiere

white buffalo

Negli ultimi anni, Jake Smith ha affermato il suo nome e quello del suo progetto "The White Buffalo" sulla scena internazionale, con brani riprodotti ovunque e in grado di raccontare il passato affascinante dell'America.

Lo abbiamo intervistato in attesa della deluxe edition di ON THE WIDOW’S WALK, in uscita il 15 aprile 2022 e del concerto unico in Italia, il prossimo 2 maggio all’Alcatraz.

Rilasciato nel pieno della pandemia, nell’aprile del 2020, ON THE WIDOW’S WALK è l’ultimo lavoro in studio dell’artista Jake Smith, cantautore poliedrico che, a prescindere dal suo sound crudo e diretto e dall’attitudine emozionale dei suoi testi, non ama etichettare la propria musica in alcun modo. Smith, la cui voce unica l’ha portato sul tetto del mondo, gode degli apprezzamenti del pubblico internazionale da quando le sue tracce sono comparse in alcune delle serie televisive più in voga tra gli appassionati, Sons Of Anarchy e The Punisher su tutte. Il suo disco più recente sarà presto rilasciato in versione deluxe.

Qual è la chiave o il segreto, se ce ne sono, dietro lo scrivere testi riguardanti il passato polveroso del suo Paese, trascendendo le radici del genere e lo storytelling sull’American Dream a cui esso è avvezzo?

Non ho un vero stile di scrittura. Credo che il silenzio e l’onestà con sé stessi siano la chiave per scrivere qualcosa che possa emozionare. Sono un cantautore, sono nel business delle emozioni, quindi cerco di esplorare le zone più profonde del mio animo scavando più a fondo possibile. La maggior parte delle canzoni arrivano dal silenzio.

Ti identificheresti in qualche etichetta o genere musicale o preferisci lasciarti trasportare completamente da ciò che senti?

Non mi sono mai seduto a scrivere una canzone country, folk, rock o qualcosa di più aggressivo. Quel che arriva, arriva. Non mi preoccupo di essere qualcosa, voglio poter essere chiunque in ogni momento. 

Quali sono gli artisti a cui ti senti più legato quando scrivi o ascolti? Chi ti ha ispirato ad intraprendere questo percorso?

Non so quanto si tratti davvero di essere ispirato da altri artisti, ma ce ne sono alcuni che, ad un certo punto, mi hanno fatto sentire qualcosa, spingendomi a provare a ripeterlo. Artisti come Leonard Cohen, Bob Dylan, Elliot Smith, Jeff Tweedy dei Wilco, Tom Yorke dei Radiohead, punk band come I Circle Jerks, I Bad Religion. Li ascoltavo quando ho iniziato, da cui ho incorporato alcune cose, senza mai realmente ispirarmici, ma alla fine tutto ciò che ascoltavo è convogliato nel mio stile.

La prossima domanda è completamente incentrata sul songwriting. Come arriva l’ispirazione per un brano?

Molte volte non so da dove arrivano. Le idee iniziali vengono dal silenzio, si invitano nella mia mente e mi danno l’idea per una canzone. Poi comincio a costruirle attorno ad una melodia o ad un verso che traina il resto del processo di creazione. Sono fortunato per il fatto che, da una piccola idea, riesco a capire la direzione di una canzone. Il più delle volte avviene spontaneamente. Di solito cerco di allontanarle all’inizio, più che posso, poi mi ci concentro per renderle il più emozionanti possibile.

The White Buffalo

Guardi ancora la musica come una catarsi appassionata più che un lavoro o ci sono momenti in cui la pressione delle responsabilità esaurisci le energie?

È una parte di me e di ciò che faccio. Affronto lunghi periodi in cui non scrivo nulla e spesso ho delle esplosioni creative in cui scrivo molto. Come per ON THE WIDOW’S WALK, avevo delle idee e Shooter Jennings mi aiutò a trovare l’ispirazione. Ho scritto la maggior parte delle canzoni in circa due settimane. Non è mai stata una vera mansione per me. A volte mi do pressioni, penso che abbiamo bisogno di nuove idee, mi forzo con delle scadenze per lavorare anche con poco materiale.

Hai alcuni consigli su come gestire un blocco creativo?

Penso sempre che la disperazione proveniente dai blocchi sia un’amica. Stavamo incidendo un album a Nashville in novembre ed io non ero nemmeno lontanamente pronto coi testi. Ne ho scritti la maggior parte in corso d’opera e tutto ha assunto un senso solo alla fine. Lo faccio e basta, perché va fatto. Devi manifestare le cose quando ti si presentano. Non mi forzo quasi mai a scrivere, non seguo un regime o un orario. Quando è il momento di incidere ho quasi paura che non sia buono abbastanza o che non stia sfruttando tutto al massimo potenziale.

Le tue canzoni appaiono in diverse serie televisive. Le più famose, sicuramente Sons Of Anarchy e The Punisher. Specialmente la prima, riflette perfettamente l’attitudine fuorilegge del suo storytelling. Come, secondo te, queste serie tv sono connesse alla tua musica e quanto una colonna sonora d’impatto può influenzare il successo di una produzione audiovisiva?

L’inserimento delle mie canzoni nei due show ha avuto un impatto immenso sulla mia carriera. Ha spinto molte persone verso le mie canzoni. Specialmente Sons Of Anarchy, hanno usato moltissimi dei miei brani. Non ha cambiato il mio modo di fare musica, molte di quelle canzoni vennero scritte prima che io venissi a conoscenza dello show. Un’altra parte di esse, invece, è stata scritta pensando che potesse andare bene per la colonna sonora, come The Whistler. Sapevo che sarebbe stata buona per la serie. Non ho mai scritto, però con l’idea che qualcosa sarebbe potuta essere usata per un placement o un’opera audiovisiva.

Parlando di incisioni e live, ti senti legato alla tecnologia sul palco e in studio o sei incline ad un approccio più crudo e diretto?

Abbiamo aggiunto qualche synth nell’ultimo album e il prossimo sarà meno organico dei lavori passati. Siamo sempre stati semplici in termini di strumentazioni. Non ho mai usato effetti per la voce, voglio che le cose siano più veritiere possibile. Tre musicisti che suonano insieme è ciò che traspare dal disco. Un suono puro.

Cerco sempre di mantenere il tutto più trasparente e onesto possibile, soprattutto dal vivo. In studio puoi aggiungere molte cose grazie alla strumentazione, è la natura del contesto, ma provo sempre a mantenere tutto semplice. Se una canzone funziona non ha bisogno di nient’altro se non la mia voce e la chitarra, altrimenti non vale la pena suonarla.

Dal vivo facciamo errori continuamente, io e la band. È umano, andiamo semplicemente avanti. L’idea di raggiungere la perfezione è da folli. Alcune volte si tratta di performance più che perfezione. Cerchi di toccare le persone nel cuore e nella mente e non penso che le cose perfette riescano a farlo come quelle sofferte.

Quali sono i rituali di Jake Smith prima di suonare live?

Non è nient’altro che routine. Beviamo una birra, ci prepariamo e andiamo sul palco. Non c’è regime. Ci diamo il cinque, ci auguriamo buona fortuna e andiamo. È spettacolare, puoi essere esausto dopo una notte fuori, magari alla fine di uno show non compi le scelte migliori (ride), ma il potere del palco e della performance, suonare con la band e sentire le emozioni, alimentare i sentimenti dei fan e loro alimentare i tuoi. Essere parte di un processo comune. Ha una potenza innegabile, pur essendo stremati.

La pandemia ha cambiato in qualche modo la tua percezione dei concerti?

Suonare in livestream era maledettamente strano. Non avere la normale interazione coi fan era desolante. Ho scoperto abbastanza presto che, in una situazione del genere, non c’è modo di andare in tour. Si tratta solo di andare avanti. Non suonare dal vivo per tanto tempo mi avrebbe spedito in posti oscuri della mia mente, avrei perso un pezzo di me. Il fatto che nulla stesse accadendo e che tutti fossero nella stessa condizione, però, mi ha spinto a non darmi per vinto. Ho provato a creare contenuti che credo fossero divertenti, le persone hanno visto un nuovo lato di me, piuttosto che una figura oscura.

Cosa possiamo aspettarci da un tuo show, considerando che tornerai in Italia prossimamente [02.05.2022, n.d.r.]?

Sarà lo stesso. Il nostro approccio alle performance è sempre stato quello di sudare e concentrarci il più possibile sulla serata, dando tutto in quel lasso di tempo, mostrando alle persone ciò che sappiamo fare. Ho visto persone distolte ai miei live e non mi fa arrabbiare, ma non è una bella sensazione. Vedere le persone divertirsi è importante. Essere presente, onesto e vero è il vero punto focale.

The White Buffalo

Hai nuovi progetti in cantiere? Un nuovo album?

Sì. Abbiamo registrato un nuovo album a novembre. È nelle fasi finali. Il prossimo sarà un disco pazzo, siamo usciti dalla nostra comfort zone. Durante la pandemia ho comprato una tastiera. Non sapevo suonarla, ma ho scoperto nuovi sound, nuove progressioni d’accordi. Ho seguito la mia voce e ho scoperto come connettere i punti. Sonoramente sarà molto intricato, ogni canzone sarà connessa alle altre. Avrà un’attitudine concept, ma non marcata come nei miei lavori passati. Sono nervoso ed eccitato per il futuro dopo questo disco, credo che dopo le persone non riusciranno più ad etichettarci.

Vedi una data d’uscita per il disco?

Pensavamo al prossimo autunno, magari in ottobre, ma non ho una risposta definitiva. Sono abbastanza sicuro che uscirà quest’anno.

Non perdere il concerto dei The White Buffalo nell'unica data in Italia, il 2 maggio 2022 alle 20:30 all'Alcatraz di Milano.

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