È paradossale che un genere che condanna le regole, di fatto, ne abbia, eppure il punk un paio le aveva e continua ad averle, seppur con le dovute connotazioni: evitare sonorità catchy ed esecrare i virtuosismi. Quando, nel 1997, Billie Joe Armstrong e i suoi Green Day si sentirono abbastanza sicuri di sé stessi da prendersi qualche rischio, non avevano la più pallida idea di stare voltando per sempre le spalle al genere che gli aveva dato i natali.
Ora, dobbiamo premettere che NIMROD non fu né il più grande successo mainstream dei Green Day, né tantomeno un album iconico. Ciò nonostante, rappresentò il cambiamento più significativo nell'approccio compositivo del gruppo. Armstrong & Co. smisero, finalmente, di portare avanti la pantomima da tre accordi e party da teenager, per darsi un'impronta più impegnata, dal grande potenziale di sviluppo. NIMROD gettò, insomma, le basi dei moderni Green Day.
I trascorsi della band con il genere dal quale provenivano erano già burrascosi da anni e fu per questo motivo che nessuno dei Green Day ebbe timori nel rilasciare un disco più commerciale, se così possiamo chiamarlo. KERPLUNK, il loro secondo album, portò il gruppo all'attenzione delle major, ma fu il successo di DOOKIE a sbattergli in faccia le porte della scena underground.
Con la scena punk a dichiarargli guerra, quindi, i Green Day ebbero poco a cui appigliarsi, sviluppando una forte fiducia in sé stessi e nella loro creatività. Fu con questo in mente che la band iniziò un processo di significativa trasformazione che culminò in NIMROD, un lavoro decisamente più maturo e ricco di spunti per ciò che, come detto, sarebbe diventato il sound di riferimento di una band che, oggi, viene considerata parte della storia del rock. Insomma, sebbene non sia stato un successo come DOOKIE, con brani come Good Riddance ed Insomniac, il quinto album dei Green Day ha avuto modo di innescare la miccia del fenomeno di massa che il gruppo sarebbe diventato di lì a poco.
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