Ecco cosa Peter Frampton avrebbe dovuto fare dopo FRAMPTON COMES ALIVE!

L'artista ha rivelato che il successo del suo album del 1976 gli avrebbe causato un insormontabile blocco creativo, impendendogli di rendere al meglio per il suo sequel.

Precedentemente, il chitarrista aveva ammesso di non avere mai avuto intenzione di rendere I'M IN YOU il lavoro successivo a FRAMPTON COMES ALIVE!, trattandosi di un lavoro mediocre, composto, a suo avviso, in maniera raffazzonata. Il responso del pubblico, del resto, non lo contraddisse e, a Frampton, servì qualche anno prima di rimettersi in carreggiata.

Le recenti dichiarazioni di Frampton

In un'intervista intrattenuta con le penne di Guitar World, il chitarrista ha parlato di COMES ALIVE in questo modo: "Quando è uscito, è esploso immediatamente. Ho realizzato di essermi fatto molti amici che prima non avevo. Tutti avevano iniziato a strofinarsi le mani, soprattutto le persone che prima non avevano creduto in me e che, adesso, pensavano di aver trovato un uovo d'oro".

Successivamente, Frampton ricevette una chiamata dal suo entourage che lo informava che il disco aveva raggiunto il primo posto in classifica e che le date del tour fossero aumentate. Solo dopo, al chitarrista venne comunicato che COMES ALIVE avesse infranto il record di TAPESTRY di Carole King, diventando il disco più venduto di tutti i tempi.

Andando avanti con il colloquio, poi, Frampton ha spiegato: "Ho impiegato sei anni a scrivere quel disco. Dopo quella chiamata mi sentii perso, perché il piano era di proporre un live best of in seguito. In quel momento, mi sono chiuso in me stesso, diventando insensibile. Ho odiato sentirmi dire che fossi il più grande. Credo che mi abbia spento più di qualsiasi altra cosa. Col senno di poi, avrei dovuto ingaggiare i migliori autori, sedermi con loro e lavorare attivamente al nuovo album. Quello, sarebbe stato l'unico modo per gestire una situazione del genere".

Claudio Pezzella

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Claudio Pezzella

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