I 3 album degli Yes che hanno cambiato la storia del Prog

Foto di George Wilkes Archive su Getty Images

Sperimentali, avanguardisti, ineguagliabili innovatori: ecco i tre album che hanno segnato la storia del progressive rock.

1. Fragile - 1971

L’album si apre con Roundabout, a mani basse il miglior modo per intrigare l’ascoltatore e introdurlo al magico viaggio che rappresenta Fragile. È uno dei loro brani più di successo, nonostante il sound tutt’altro che commerciale, che porterà il gruppo sul podio delle classifiche su scala mondiale. Il bilanciatissimo equilibrio tra la voce squillante di Jon Anderson, la linea di basso impeccabile di Squire, Buford e i suoi miracoli ritmici alla batteria, i virtuosismi a 12 corde del maestro Howe e la allora new-entry Rick Wakeman alle tastiere; traccia dopo traccia, gli Yes sembrano accompagnarti con mani sapienti all’esplorazione del pianeta raffigurato nella prima cover art dell’album realizzata da Roger Dean. Tra i brani più degni di nota, sicuramente Heart of the Sunrise è la punta di diamante che conclude con schizofrenia questo magnifico album. Fun fact: la voce non entra in questa canzone fino al minuto 3:40, diventando così uno dei brani con l’intro più lunga nella storia del Rock.

2. Close to the edge - 1972

Durante il programma radiofonico inglese chiamato Yes Music: An Evening With Jon Anderson (1989), il cantante ha spiegato: "La strofa finale della prima traccia è un sogno che ho fatto molto tempo fa, passavo da questo mondo ad un altro ultraterreno, e da allora la morte non mi ha più spaventato. Questo è ciò che sembrava emergere dalla creazione di questo album”.  Con questo spirito, immergersi in Close to the edge è un’esperienza che trascende lo stesso mettersi all’ascolto: è musica oltre la musica, lascia l’ascoltatore con nuove chiavi di interpretazione del tempo e della realtà, che in questi 37.54 minuti pare dilatata e ripulita. In particolare la terza traccia, Siberian Khatru - ovvero “Come vuoi tu” in dialetto yemenita, pare un canto ritualistico ancestrale che culmina nello strepitoso assolo di Howe. Per non parlare della reinterpretazione di America di Simon & Garfunkel che si trasforma in un altro clamoroso brano prog. Un’esperienza di crescita personale, se ascoltato nel modo giusto, paragonabile alla lettura del romanzo di formazione Siddhartha di Hermann Hesse (1922), del quale, nel primo brano, viene anche citato il verso "Close to the edge, down by a river”.

3. Tales from Topographic Oceans - 1973

L’album si ispira agli scritti del mistico indiano Paramahansa Yogananda, e si compone di 4 movimenti. È un concept-album che ha il fine di raccontare e accompagnare con suoni inediti il percorso di ricerca spirituale che emerge tra le pagine di “Autobiografia di uno Yogi”. Le composizioni sono pregne di una forte spiritualità e hanno la stessa solennità di canti sacri; già nel primo minuto e trenta, le note dell’album ci ricordano che “la conoscenza di Dio è ricerca costante e chiara”. La parte iniziale della prima suite è dominata dal crescendo vocale di Anderson che nella parte finale diventa maestoso anche grazie all’inserimento delle voci di Squire, di Howe e delle tastiere di Wakeman. Lo sviluppo è un intercedere di ritmiche incalzanti e respiri di una delicatezza eterea, supportato da sporadici assoli feroci e una linea vocale che incanta: da Ritual, Nous Sommes Du Soleil: “Sette note di libertà per imparare e conoscere il rituale della vita. La vita è una battaglia fra sorgenti maligne e di puro amore”. Fra i tre è certamente l’album più controverso e criticato, è stato addirittura definito “degenerazione della musica progressive”. Ma con più di un attento ascolto, la lettura meticolosa dei testi e, naturalmente, con il giusto tempo per metabolizzare questo complessissimo capolavoro, è impossibile non innamorarsene.

2 comments
  1. Mila bravissima. Ottima descrizione. Grazie. Spero in una tua risposta (visto che non ne ho mai ricevuta una… ma li leggete i commenti?)

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