Marco Mengoni: “A Sanremo ci lascio le corde vocali!”

Courtesy of Andrea Bianchera ©

A 10 anni dalla sua vittoria del festival, torna sul palco dell’Ariston con un nuovo album in cantiere, l’entusiasmo dell’imminente tour estivo negli stadi italiani e una grande consapevolezza del suo percorso artistico e umano.

Ieri pomeriggio abbiamo avuto l’onore e il piacere di partecipare all’incontro con Marco Mengoni a proposito della sua partecipazione a Sanremo. In scaletta Due Vite, l’attesissimo singolo tratto dall’album ancora inedito.

Abbiamo colto l’occasione per strappargli qualche succosa novità e, con il suo modo di fare spontaneo e sincero, ci ha svelato alcune chicche che vogliamo condividere con voi.

 

Come ti senti all’idea di tornare all’Ariston, dopo 10 anni?

Come quando finisci un tour e vai a vedere un concerto e dici tra te e te “cavolo, quanto ci vorrei stare io su quel palco”; mi sento così, non sento più la pressione della competizione come 10 anni fa. Più che altro ci tengo a portare a Sanremo qualcosa di me. Sono contentissimo di avere quel leoncino, dunque non ho velleità di vittoria: pretendo da me di divertirmi e di lasciarmi andare.

E comunque, anche dopo tutto questo tempo, mi sento uguale - nonostante qualche capello bianco inizi a comparire. L’unica differenza tra il Marco di oggi e quello del 2013 è che mi sento più pronto a sostenere la pressione, a cantare fregandomene delle telecamere. L’essenziale è divertirsi.

Cover Art del singolo Due VIte, Marco Mengoni

Ti sei messo in discussione con Sanremo, l’imminente album, il tour negli stadi… come fai a fare tutto?

Ultimamente sto dedicando un sacco di tempo a me stesso, 1 o 2 ore alla settimana mi concentro sui miei pensieri e riflessioni, insieme a una professionista dall’altra parte della stanza. Ho scoperto che il mio subconscio mi dà un sacco di input, molti di più che la mia mente conscia. Dunque con il singolo voglio proprio raccontare questo percorso fenomenico della mia dualità: il sogno, l’irrazionale, alternato a fotografie di quello che sono, che vivo tutti i giorni razionalmente. Sì, sono anche un peccatore, un uomo che sbaglia e sì, esistono gli schiaffi nella vita e si deve andare avanti. Sì, posso pensare di avere momenti di noia, di down, momenti inutili che comunque sia servono e di cui ho bisogno. Due vite, per me è questo. Per gli altri, quello che vogliono. Come diceva il mio professore di storia dell’arte, non leggete mai le didascalie sotto le opere perché sono sempre state scritte da altri.

 

Quindi hai iniziato un percorso di analisi?

Sì, da sette anni: a mio parare la terapia con uno psicologo, terapeuta o psicoanalista che sia, non è la soluzione del problema. Non dà nemmeno risposte. Ciò che accade è che ti vengono forniti gli strumenti per guardarti dentro e smuovere qualcosa affinché tu, con le tue forze, riesca a trovare le tue risposte. Tutto dipende da quante cose sei disposto a scoprire di te, e da quanto in profondità sei disposto a guardarti dentro.

In questo senso mi interessa partecipare a Sanremo perché affronto questo percorso che sto portando avanti da anni, psicologicamente ed emotivamente; e comunque, a prescindere dai risultati, sarò felice.

 

Parlaci del singolo: come ce lo descriveresti?

Sembra un pezzo semplice, è pieno di parole, i versi a tratti sembrano barre; sonoramente è una tensione continua che sembra non esplodere mai, un’apocalisse che mi sono immaginato nell’iperuranio dei miei sogni. Non è stato facile affrontare questo pezzo, ho dovuto provare anche moltissimi vestiti diversi per poi capire che il più adatto era questo, il Marco più intimo, umano, Marco così com’è.

Gli arrangiamenti del brano in studio non sono molto diversi da quelli che porterò all’Ariston, gli archi che sentirete in live saranno presenti anche nell’album. Inconsapevolmente abbiamo basato tutto sul due: dai bicordi al pianoforte agli strumenti doppiati, sorprendentemente anche io ho cantato solo due linee armoniche. Quello che mi colpisce di questo pezzo è l’essenzialità, che dopo 10 anni torna, anche se in modo diverso. Nel processo abbiamo ascoltato molto Lucio Dalla e ci siamo lasciati ispirare dal genio, cercando di ricordarlo con umiltà. Poco fiato, tante parole, molta tensione, per poi arrivare ad esplodere strappando le mie corde vocali che lascerò a Sanremo!

 

Due vite è anche un invito a viversi ogni momento, anche la noia: tu ti annoi?

Sono sempre stato abbastanza intransigente con me stesso, per cui anche solo fare tardi la sera perché dovevo stare davanti a una birra a parlare delle stesse cose con le stesse persone, mi faceva pensare alle ore tolte al sonno, al tempo in cui avrei potuto benissimo dormire o fare altro. Ma non capivo che invece quelle serate con i miei amici erano fondamentali: anche i momenti che consideravo inutili e superflui, hanno assunto un valore diverso in funzione di quello che sarebbe arrivato dopo.

In realtà la noia è fondamentale per noi artisti: in quei momenti, consciamente non stai facendo nulla, ma in realtà il subconscio non smette di lavorare. E successivamente a quella sorta di limbo, dopo la razionalizzazione delle immagini create in quel momento di assopimento cerebrale, ritrovi un momento di creatività.

È la mia storia infinita, e ve la dico in breve: la storia di un rapporto tra la ratio e l’inconscio.

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